Nessun Amore dura per sempre.
L'amore è solo un momento...
Ed un momento può semplicemente durare una vita.
Racconti, pensieri e poesie di un Uomo perduto nei sentieri finiti di questa terra. Eternarsi in questo destino finito, fatto come umano divenire, ricerco l'immortalità nell'elettrone, over la roccia scolpita diverrà etere invisibile..
Nessun Amore dura per sempre.
L'amore è solo un momento...
Ed un momento può semplicemente durare una vita.
Quando un cinese che non poteva mangiare riso incontrò un italiano che non poteva mangiare pasta.
Storia confusa di un qualcuno che si credeva nessuno.
O forse il contrario.
Nifth.
Ma qualcosa manca...qualcosa di importante di assoluto.
La volubilità della natura.
Anche se per le ragioni legate alle necessità del nostro tempo, siamo esseri governati dalle ferree leggi dei numeri, ci dimentichiamo che gli stessi ci giungono proprio dalla natura stessa.
Gli antichi greci, osservando il mondo ci hanno trasmesso la loro conoscenza.
E noi, come in un passaparola squinternato ne abbiamo traviato i principi.
Concordo sulla oculatezza di una scelta, è la maggior ipoteca per il nostro tempo, il bene più prezioso.
Le decisioni vanno considerate nel tempo in cui sono prese, ed è quasi impossibile che la natura rimanga uguale in un arco di tempo abbastanza lungo...per questo il perseverare va ponderato ad ogni istante, ad ogni mutazione...ad ogni segnale di cambiamento.
Questa è la natura delle cose, chi le ignora è destinato alla rovina.
educare bene i figli, essere onesti, mica dei santi ma onesti, e se si può, quando capita, aiutare qualcuno che ha bisogno.
Tutto qui."
Lorenzo Licalzi
Ma c'è un aspetto che trovo stimolante ed è la considerazione che ogni scatto, in fondo è in grado di immortalarci in un momento di giovinezza che non tornerà mai più.
Il gomitolo va in una sola direzione...anche se spesso, troppo spesso...tendiamo a dimenticarcene.
Nifth.
Cit. Charles Bukowski
Cosa aggiungere...a volte basta farsi delle domande, anche senza risposta.
Con la convinzione che ciò che bevono sia quello che è scritto sull'etichetta.
"Se metti una banana e dei soldi davanti alle scimmie, le scimmie sceglieranno la banana perché le scimmie non sanno che il denaro può comprare molte banane.
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Allo stesso modo, se offri LAVORO e AFFARI alle persone, sceglieranno di LAVORARE perché la maggior parte delle persone non sa che possedere un business puo' produrre molto piu' denaro.
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Uno dei motivi per cui i poveri sono poveri è perché i poveri non sono in grado di riconoscere l'opportunità imprenditoriale.
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Trascorrono molto tempo a scuola e ciò che imparano a scuola è lavorare per uno stipendio invece di lavorare per se stessi. Imparano a vendere il tempo al posto di INVESTIRE IL TEMPO .
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Insegnate alle persone a investire il loro tempo e sarete liberi insieme.
Da un lato, si ambisce a quello stato di semi quiete, ove i sensi galleggiano placidi sopra il tedio.
Dall'altra, sembra quasi impossibile, eppure ci rendiamo improvvisamente conto di un fuoco caldo e travolgente che a stento si riesce a tenere a bada!?
Che siano le imposizioni di un sistema sempre troppo concentrato sull'elargire regole, piuttosto che indottrinare sulla libertà di un pensiero, dettato dal buon senso.
Eppure, i sensi arrivano quasi a dominarci, sottili, suadenti vibrazioni attraversano il corpo per arrivare a solleticare la mente.
Strappando maliziosi ed intimi sorrisi, condivisi con pochi...forse nessuno,
Lasciando un piccolo spiraglio all'impossibile, fantasticando sul piacere rubato.
Desiderando ...finalmente qualche cosa che non è tangibile ne con lo sguardo nel con il corpo.
Liberando la mente, lontano da quelle miserie che nulla possono, se non farci abbassare il capo.
Quando lo sguardo, deve attraversare la candela per immaginare un orizzonte, ancora inesplorato.
Onirica pulsione, che va a materializzarsi.
Nonostante il razionale ci porti all'annientamento della fantasia, Possiamo decidere, quando e soprattutto come provarlo.
Il dominio della mente, nel suo concedersi, il piacere lo possiamo vivere in ogni fantasia infinite volte, ed ogni volta trarne un lussurioso coinvolgimento...da sapiosessuale ...al fisico.
A volte quello che mi è difficile comprendere, è il perché sia così complicato ammettere che si sia alla ricerca del piacere, che se ne abbia voglia, e che si rischi di venirne travolti.
E' come se voler Godere sia una cosa maldestra e deprecabile, quando togliersi, o negrsi è come togliere il sapore ad un piatto ben cucinato.
Insisto sugli abbigliamenti, non tanto per il lato estetico, ma per quel sublime piacere che provo nell'immaginare la mano che lo ha afferrato, accompagnata da un malizioso sorriso, magari concedendosi una piccola trasgressione, al rigido rigore imposto dal Buon e Doveroso decoro.
Ed ecco che un rigido sguardo, porta dietro di se una cocente eccitazione, ed una giornata noiosa diviene subito interessante da vivere.
Nel trascorrere degli anni, ho sempre continuato a pormi domande, esiliando sin dove nelle mie possibilità il pregiudizio.
Così da poter vedere con occhi cristallini quello che turbinava attorno al mio altrettanto camaleontico incedere.
Questo mi ha in qualche strano modo, "differente"., o forse dovrei dire, indifferente al comune pensare.
E di questo devo probabilmente ringraziare i miei natali, i quali non senza pagare pegno mi hanno sempre spronato ad un pensiero Libero e avulso da senso comune se non per un più che ragionato condiviso.
Così alla fine, tanto vale vivere questa onorevole vita, possibilmente con un sorriso ebete sul volto, ogni volta che ci è concesso!
Pensi davvero di essere quello che vedi? Ti riconosci nel tuo corpo che marcisce giorno dopo giorno?!
A ben rifletterci, è davvero difficile crede che si possa essere solo questo.
Quando si sta accanto ad un altro individuo, inspiegabilmente se ne percepisce il "peso" il valore, e non è dato da nulla di tangibile.
Per quanto il denaro vesta gli sguardi...qualcosa rimane inafferrabile al materiale.
Così come la sensualità è più legata al momento che all'abito.
In ogni caso, non mi dispiace affatto pensare che il coltivare la propria "anima2 possa in qualche modo accrescere il proprio divenire, a dispetto di un corpo la cui data di scadenza è dettata da un inesorabile trascorrere del tempo.
...in fondo Nessuno è mai riuscito a sopravvivere alla vita...Cit.
Mi domando costantemente cosa siano esattamente le regole, e come io debba rivolgermi ad esse.
In un sistema sociale, le cosi dette Leggi e/o Regole di comportamento sociale, accorrerebbero alla crescita in prosperità della comunione.
Direi, senza troppi mezzi termini, anche in barba al più nichilista dei pensatori, che ad Oggi, le stesse Regole, accorrono al consumo sociale.
Capitolo che andrebbe aperto e discusso in sedi ricche di un sano contraddittorio.
Quindi, ne conviene un ragionamento Doppio, ove da un lato vive l'individuo e dall'altro vive la comunità.
La comunità, nell'eccezione più semplice, ha convenzioni che accorrono per un chaos ordinato, come il traffico, le code etc.
In un mondo in cui le regole puzzano di menzogna, anche le convenzioni vengono abbandonate, e così la ragione dell'individuo prevale. E dove il buonsenso cessa di essere è la forza a divenire la nuova ragione.
Per quanto inerente l'individuo, le cose si complicano e non poco.
La felicità per il mondo greco antico risiedeva in due obbiettivi, conosci te stesso e applicati con misura.
Ora per ragioni che neppure ben saprei argomentare, il conosci te stesso nei secoli è stato soppiantato da altro...tipo...segui quelle regole e vedrai che andrà tutto bene,...probabilmente quando sarai morto.
E diciamo che personalmente, è una prospettiva che preferisco lasciare ai teologi, mentre abbraccio più serenamente la tesi nichilista del Dio è morto, soppiantato dal denaro.
Strumento e misura dell'epoca moderna.
Ma cosa domina i nostri pensieri, e perchè siamo così fermi nelle nostre convinzioni?
Come se un binario di auto imposizioni fosse scudo alle avversità.
Perché è così difficile accettare, che per conoscere se stessi, bisogna guardarsi dentro e trovare in noi stessi la forza di crescere, senza rimandare ad altri il nostro fallimento.
Attimi...
Frazioni di istanti che si innestano quasi impercettibilmente nelle consegne del dovere
La mente corre come un rullo trasportatore ad allineare gli eventi che andranno a scandire la nostra giornata, uno in sequenza all'altro.
Ci facciamo aiutare in questo aberrante processo, da accessori come agende, calendari, suonerie...persone.
Ma questo è realmente il destino dell'Uomo? Il fare?
Perché scegliamo ogni giorno di essere macchine? La routine ci concede davvero così tanto conforto?
Eppure, la natura alberga ancora dentro di noi, e a volte basta avere il coraggio di lasciar scivolare i vestiti a terra...e lasciare il nastro, semplicemente vuoto.
Per riscoprire il fanciullesco mondo del sorridere all'inaspettato, con la fiducia che tutto possa realmente accadere.
Magari creando stravaganti allegorie del proprio vissuto.
Ma in quanti si impegnano veramente a vivere la vita. E' estenuante essere sempre così presenti a se stessi.
Come se avesse qualche importanza,
Non siamo forse tutti clandestini sul treno della vita? In attesa che il controllore ci faccia scendere al nostro destino?.
Possiamo truccare le carte quanto vogliamo, ma quello che conta è davvero invisibile agli occhi.
Supplichiamo la stabilità, quando è proprio il brivido dell'attimo a farci vibrare dentro.
Matematici ragni, ci illudiamo di tessere tele di ragno per le opportunità, quando basterebbe lasciarsi vivere, portare dalle emozioni.
Sono così stanco delle frasi castranti del prossimo. Di quel mezzo dire, per paura della delusione.
Ma diamine, che sarà mai illudersi, esser sconfitti da se stessi?! Quale gigante EGO abbiamo edificato attorno a noi, per non poter scommettere a voce altra sul proprio insuccesso, e poi ridere con la sorte beffarda di quello sarebbe potuto essere.
Siamo merce con la data di scadenza ben stampigliata addosso, eppure viviamo nell'idea dell'eternità.
Quando è così bello, poter spaziare con la fantasia.
Abbiamo tutti menti così evolute da esser incapaci di fantasticare? Perché abbiamo dimenticato l'immenso potere della NOIA.
Quanta verità esisteva nella frase...."una ne pensa e cento ne fa".
Così la NOIA è il motore creatore del bambino, ove la meraviglia è nel vedere un mondo nuovo ove tutto è possibile, e poco importa se sia reale o meno.
Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. Questa soma, che vien drieto sopra l'asino, è Sileno: così vecchio, è ebbro e lieto, già di carne e d'anni pieno; se non può star ritto, almeno ride e gode tuttavia.
Alla fine ogni pietanza ha un prezzo.
Quale siamo disposti a pagare?
Lo scotto di voler pasteggiare ostriche per le scale di un faro Bretone, quando siamo in gabbie di ottone delle nostre stesse menti.
Ogni viaggio inizia con un passo, a volte impercettibile agli altri.
Eppure abbastanza da mutarne inesorabilmente le prospettive.
Più sul piano della fantasia che del reale storico,
eppure gli affidiamo i nostri pensieri di fantasia, lasciandoci trasportare ove il nostro corpo ci rammenti che possiamo essere, se pure il tempo ci è sfuggito.
Possiamo vivere anche quando il presente è altrove.
Ove il corpo ha dei limiti, la mente è in grado di superarli largamente.
Siamo così vulnerabili alle emozioni.
Basta così poco per far virare di tono i colori.
Siamo così persi nelle nostre menti da non vedere quello che ci accade attorno.
Proiettati nel vedere quello che "l'ignorato altro" possa scorgere in noi.
Perdendo il gusto, proprio, di quel gustoso boccone, lasciato per ultimo nel piatto.
Pause di riflessione che divengono esercizi quotidiani,
introspettivi, viaggi in noi stessi
ogni volta con la soffocante sensazione d'esser miseri.
Eppure proprio non riesco a comprendere come sia possibile che tutti riescano a dare il proprio lato migliore nelle foto.
Sarà,
Ma le foto di cui ho maggior ricordo, sono proprio quelle in cui nessuno sorrideva.
Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè e fra loro avviene questo dialogo:– Tu credi nella vita dopo il parto?– Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello che saremo più tardi.– Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?– Non lo so, ma sicuramente… ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre gambe e ci ciberemo dalla bocca.-Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d’alimentazione …Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.– Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.– Però nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un’angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.– Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.– Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?– Dove? Tutta intorno a noi! E’ in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.– Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista.– Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo.– Sai? … Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora ci stiamo solamente preparando per essa .Cit.
Comprendere, Tollerare, Intuire.
Vivere un'esistenza piena. Senza trascinare i piedi, ma cercando di tenere il mento alto, con quella squisita dignità che solo pochi sanno indossare.
Siamo un puzzle in cui limiti mutano in continuazione. Tessere sagomate si ammassano tutte attorno e a noi il compito di avere la forza di riordinarle nel miglior modo possibile.
Erotismo, Sensualità, Piacere...Motori innegabilmente forti che smuovono anche i più indolenti a fingersi ciò che non potranno mai essere.
E così il dolore nell'inganno.
Pochi, pochissimi si godono il viaggio dell'essere ciò che sono, molti altri preferiscono ingannarsi.
O forse, tutti noi vediamo maschere semplicemente perché inconsapevolmente vediamo riflessa la nostra.
L'eleganza in un gesto, un intimo indossato con soddisfazione mentre l'immagine riflessa ci restituisce uno sguardo ammiccante, per poter così iniziare una giornata nuova con uno spirito rinnovato.
Tenere lontane le ombre del passato e convincersi che questa volta si sarà pronti, e così facendo la nuova armatura serra più strette la maglie ferrose, togliendoci il respiro, anche quando vorremmo semplicemente poter volare come si faceva un tempo.
Mi sento sempre più distante,... si,
ho rinunciato a combattere l'adattamento di me stesso agli altri.
Piuttosto lotto per mantenere una soglia di comprensibilità, giusto per non distaccarmi del tutto.
Trovo conforto in pochi pensieri,
...in un raggio di luce che filtra attraverso la polvere sospesa,
... gioisco nel gioco dei mille colori, così improbabili da rendersi unici se immortalati nell'istante.
Lavoro, parlo, spiego, ascolto, ... eppure le lezioni che vorrei imparare non arrivano quasi mai dalle parole degli altri, piuttosto dai loro gesti, ...
...quasi mai lezioni costruttive.
Alcuni giorni sono meglio di altri.
Ho così poco da lamentarmi, che dovrei vergognarmi della mia melanconia. Non cado, non posso permettermelo, ma ogni tanto vorrei.
Il bello, di tutto questo, è vedere il Re nudo, osservare la massa che annuisce alle vesti che non esistono, esserne consapevole, e voltare lo sguardo altrove, con la presunzione di sapere, quello che da lì...a mai, probabilmente "gli altri" crederanno di sapere...esattamente come me.
L'amore è ciò che ne consegue, oppure è l'amore stesso a ferirci?
Diveniamo ossessionati nell'ostentare forza, in un'esistenza civile non dovrebbe essercene alcun bisogno.
Torniamo a guardarci le spalle, perdendoci tutto il bello dell'orizzonte.
Ma non deve per forza essere sempre così.
Si può provare anche a sorridere, e chissà che non diventi contagioso.
Mi riprometto di sorridere di più, e magari chissà, nel mio piccolo potrò contribuire a rendere il mio tempo migliore.
Viviamo in un momento storico davvero strano.
Tutto va avanti in ...attesa! Sospesi nel non senso!
Perché le persone non possono uscire di casa? Sole in un bosco devono indossare la mascherina? Gli studenti sono congiunti quindi si possono ammassare sugli autobus, ma devono stare distanziati a scuola?
Ma perchè tutto è così di...plastica? Inconcludente, flessibile, liquido tra le dita della verità.
Non sarebbe tutto molto più semplice, ammettere l'incapacità, l'incompetenza e passare il testimone.
Nel mondo del lavoro funziona così! Se non sei capace o qualcuno è più bravo, passa avanti...eppure non riesco a comprendere le ragioni di tutto questo.
Vedo il lento dissolversi di tutto quello per cui i nostri Nonni hanno combattuto e non posso, non riesco a fare nulla.
Si ammassano nella testa le voci di molti, ma la sostanza rimane sempre la stessa...disgregare per ricostruire.
Mi chiedono di fidarmi di un sistema che non funziona.
E si sorprendono se alzo il sopracciglio, o semplicemente ignoro il predicatore di turno.
Cerco costantemente di rimanere lucido nelle mie elucubrazioni, di ragionare...già ragionare.
In un mondo in cui la scuola ci chiede di ricordare tutto, quando la memoria diviene sempre più digitale, nessuno insegna più il ragionamento.
L'intelligenza sta giungendo ad un cambiamento, al quale temo, non sopravviveremo.
La fogna del comportamento[1] (in inglese, behavioral sink) è un'espressione coniata dall'etologo statunitense John Bumpass Calhoun, usata per denotare il collasso di una società a causa di anomalie comportamentali provocate dalla sovrappopolazione.
Per arrivare a questa osservazione, l'etologo condusse alcuni esperimenti di sovrappopolazione nel corso degli anni, usando alcune colonie di ratti grigi (dal 1958 al 1962) e topi (dal 1968 al 1972).[2] Calhoun coniò il termine "fogna del comportamento" il 1º febbraio 1962, in un articolo dal titolo Densità di popolazione e patologia sociale, scritto per illustrare i risultati dell'esperimento ed uscito sul settimanale scientifico Scientific American.[3] I risultati di Calhoun vennero usati successivamente come modello animale di collasso sociale, ed i suoi studi divennero un punto di riferimento per la sociologia urbana e la psicologia.[4]
Nel 1962 Calhoun descrisse in questa maniera il comportamento riscontrato negli esperimenti:
«Molti (esemplari femmine) non erano in grado di portare avanti una gravidanza sino al termine, o di sopravvivere al parto se fossero giunte alla fine. Un numero anche maggiore, dopo essere riuscite a partorire, vennero meno alle proprie funzioni materne. Tra i soggetti maschi, le distorsioni comportamentali variarono dal cannibalismo all'iperattività frenetica, all'emergere di un isolamento patologico, a causa del quale gli individui isolati uscivano per mangiare, dormire e muoversi solo quando tutti gli altri membri della comunità stavano dormendo. Anche l'organizzazione sociale degli animali ha mostrato uguale disgregazione. [...] L'origine comune di questi disturbi divenne notevolmente manifesta nelle popolazioni della nostra prima serie di tre esperimenti, nei quali abbiamo osservato lo sviluppo di quello che abbiamo chiamato fogna del comportamento. Gli animali si affollavano insieme in grande numero in uno dei quattro nidi di interconnessione sui quali era mantenuta la colonia. Dai 60 gli 80 ratti si assembravano in un solo nido durante il periodo di alimentazione. I ratti singoli raramente avrebbero mangiato se non in compagnia di altri ratti. Come risultato, il nido scelto per mangiare aveva una densità di popolazione estrema, lasciando gli altri tre quasi vuoti. [...] Negli esperimenti in cui si era sviluppata una fogna del comportamento, la mortalità infantile raggiunge quote del 96% tra i gruppi più disturbati della popolazione» |
Calhoun avrebbe continuato gli esperimenti per molti anni, ma la pubblicazione dell'articolo nel 1962 portò alla luce del grande pubblico il concetto, facendo sì che prendesse una piega diversa dall'originale, in un'analogia con il comportamento umano. Calhoun andò in pensione nel 1984, ma continuò le sue ricerche fino alla sua morte, il 7 settembre 1995.[5]
primi esperimenti di Calhoun vennero condotti in una fattoria presso Rockville, in Maryland, nel 1947.
Calhoun partiva dall'assunto ipotizzato da Thomas Malthus, noto teorico delle conseguenze della sovrappopolazione, il quale affermava che i limiti assoluti alla crescita della popolazione fossero la miseria e il vizio. La ricerca scientifica si era focalizzata sino a quel momento sull'analisi del primo fattore restrittivo, la miseria, che nel campo pratico si basa sulla predazione, sulle malattie e sulla quantità di cibo disponibile come fattori per contenere la popolazione. Calhoun quindi si chiese quali fossero invece gli effetti del comportamento sociale sulla crescita della popolazione, e viceversa gli effetti della densità di popolazione sul comportamento.
Durante i primi test quindi, posizionò fra i 32 ed i 56 roditori in scatole di 3 x 4 metri in un granaio nella contea di Montgomery. Separò l'habitat in quattro stanze distinte. Ogni stanza era stata specificamente creata per supportare una dozzina di ratti grigi maturi. I ratti potevano spostarsi fra le stanze usando delle rampe. Calhoun provvide la colonia di risorse illimitate, come acqua, cibo, e fornendo protezione dai predatori, così come dalle malattie e dalle condizioni meteorologiche avverse. Creò ciò che un altro psicologo descrisse come un "paradiso per ratti" o un'"utopia per ratti".[6] In questo modo, eliminati tutti i limiti fisici, solo il comportamento degli individui avrebbe influenzato la crescita della popolazione.[3]
Dopo i primi esperimenti, Calhoun creò un "Ambiente inibitore di morte per topi": una gabbia di pianta quadrata (con lato lungo 2,7 metri) con cibo ed acqua illimitati, per supportare ogni incremento massimo di popolazione. Il suo più famoso esperimento, l'"Universo 25", raggiunse il massimo di 2.200 unità di popolazione, e subito dopo iniziò ad esibire anomalie comportamentali talmente gravi da causare la totale distruzione dell'habitat e della popolazione. Dal 600º giorno in poi la sua popolazione era in via d'estinzione.
Calhoun basò la sua teoria sulla base dei risultati di sei diverse generazioni. Dopo aver posizionato i roditori, attese che la popolazione aumentasse. Dopo 27 mesi, la popolazione si era attestata sui 150 esemplari adulti. In realtà la mortalità era così bassa che, secondo le stime fatte sul tasso di riproduzione in tale ambiente, la popolazione avrebbe dovuto raggiungere le 5.000 unità. Tuttavia ciò non avvenne poiché, al contrario, la mortalità infantile era altissima.[3] Anche solo con 150 adulti, lo stress sociale provocato dallo spazio ristretto aveva distrutto ogni vincolo sociale, facendo sì che le femmine abbandonassero i loro istinti materni nei confronti dei piccoli.[3] I comportamenti anomali aumentarono, specialmente nelle femmine, al punto che ogni colonia si divise in diversi gruppi, all'interno dei quali non era rispettata alcuna razionalità nella distribuzione dei due sessi (ad esempio un gruppo poteva essere composto da sei, sette femmine ed un solo maschio, ed un altro da 20 maschi e 10 femmine).[3] Il mangiare, il bere e tutte le altre attività biologiche divennero attività sociali, nelle quali la soddisfazione principale derivava dall'interazione con gli altri ratti. Nel caso dell'alimentazione, questa frenesia nell'interazione portava i ratti a non alimentarsi adeguatamente.[3] Questa "intimità" tuttavia arrivò anche a distruggere tutti i rapporti sociali vitali per la sopravvivenza della colonia, come i riti di accoppiamento, la costruzione di nidi e nell'allevamento e nella cura dei giovani.[3]
L’esperimento che diede risalto internazionale alla fogna del comportamento fu il cosiddetto “Universo 25”. Anche in questo caso l'habitat era progettato per eliminare qualsiasi fattore fisico che avrebbe potuto limitare la crescita della popolazione o incidere negativamente sul benessere e l'aspettativa di vita dei roditori.
L’universo aveva la forma di un serbatoio di pianta quadrata con lato di 2,7 metri, con mura alte un metro e mezzo circa. Il primo metro era strutturato in modo che i topi potessero arrampicarsi liberamente sulle pareti, senza tuttavia poter scappare; su ogni muro erano saldati 16 tunnel in maglia di ferro, con 4 corridoi orizzontali che li attraversavano da parte a parte, fornendo così 256 ripari in cui costruire altrettanti nidi. Ogni nido era abbastanza grande da ospitare 15 topi.[7] L'habitat avrebbe permesso la sopravvivenza di 3.800 esemplari.
L’habitat veniva pulito ogni 4 settimane, la temperatura era tenuta costantemente intorno ai 20° e persino il rischio di malattie genetiche era stato drasticamente ridotto, selezionando i migliori esemplari dalle colonie del National Institutes of Health.
Quattro coppie di topi furono introdotte nell'habitat e, dopo 104 giorni di adattamento, i topi iniziarono a riprodursi, arrivando a raddoppiare la propria popolazione ogni 55 giorni. Tuttavia, trascorsi 315 giorni, il tasso di crescita della popolazione rallentò sensibilmente. La popolazione era arrivata a 600 esemplari.[8] Nonostante cibo ed acqua fossero garantiti in abbondanza, lo spazio iniziò a scarseggiare, e l'habitat si sovrappopolò, facendo sorgere alcune anomalie comportamentali nei topi
I nuovi nati si ritrovavano in un mondo ogni giorno sempre più affollato, in cui vi erano più topi che ruoli sociali. Le posizioni sociali, in seno alla gerarchia dei topi, erano costantemente minacciate. Lo stress di dover difendere il proprio territorio e le proprie femmine da innumerevoli contendenti, portò i maschi alfa ad abbandonare il proprio compito, diventato troppo oneroso.[8] L'assenza di questi ruoli sociali fece emergere comportamenti distruttivi ed antisociali in tutta la colonia, dato che i normali rapporti sociali erano crollati, e con essi l'abilità dei topi di formare legame sociale.
I maschi divennero estremamente aggressivi, arrivando a formare gruppi che attaccavano femmine e piccoli. Altri divennero pansessuali, cercando di avere un rapporto sessuale con qualsiasi topo a disposizione, che fosse stato maschio, femmina, giovane o vecchio.[8] Le femmine, ormai senza più alcuna protezione, si rifugiarono presso i nidi più alti della colonia, a volte radunandosi in alcuni gruppi composti solamente da femmine, ma dovendo sprecare energie per difendere i propri nidi e se stesse, trascurarono i propri ruoli materni, abbandonando la prole a se stessa, o arrivando ad attaccarla.[8] In alcune aree dell’habitat la mortalità infantile raggiunse il 96%, e vi furono casi di cannibalismo, nonostante non vi fosse alcun bisogno di esso dato che il cibo era ancora ampiamente disponibile per tutti gli esemplari.
A questo punto nell'habitat si formano tre gruppi di topi. I topi più deboli e quelli rifiutati, resistenti fisicamente ma devastati psicologicamente, cercarono di sopravvivere radunandosi al centro dell'habitat, dove la loro vita scorreva inerme se non con qualche insensato e occasionale atto di violenza contro sé stessi.[7][8] Le femmine rimaste sole cominciarono sempre più a migrare nei nidi più elevati, radunandosi in gruppi.[8] Oltre a questi due, emerse anche un terzo gruppo, che Calhoun chiamò "i belli". Questi topi, mai lasciatisi coinvolgere nelle lotte e mai mostratisi interessati alla riproduzione, erano interessati solo a loro stessi, e lo loro uniche attività erano mangiare, dormire e lisciarsi il pelo. Si distinguevano infatti dagli altri per l’assenza di ferite e per il pelo bianco e lucido.[7] Altrove, nei gruppi maggiori, il cannibalismo (pur in presenza di cibo abbondante), il pansessualismo e le esplosioni di violenza continuavano senza sosta. La società dei topi collassò.
Giunti al giorno 560, la popolazione raggiunse i 2200 individui (contro gli oltre 3500 che Universo 25 poteva ospitare), e al 600º giorno la sua crescita si fermò del tutto. Pochi topi riuscirono a superare lo svezzamento; da quel giorno ci furono pochissime gravidanze ma nessun cucciolo sopravvisse.[8] Anche quando la popolazione ritornò ai livelli iniziali dell’esperimento, non si registrarono nuove nascite. I topi ancora in grado di riprodursi, come “i belli” ed alcune femmine rintanatesi ai livelli più alti della gabbia, avevano perso la capacità sociale di farlo.[8] La colonia quindi si avviò verso l'estinzione. In qualche modo, le cavie avevano smesso di essere topi, incapaci di avere relazioni sociali. Una sorta di prima morte, come fu definita da Calhoun stesso. Una morte sociale che precedette la morte fisica.[8]
Quando finì di raccogliere i risultati dell'Universo 25, Calhoun riscontrò che i risultati si sarebbero ottenuti eliminando le cause di morte esogene da qualsiasi gruppo di mammiferi. La riduzione della mortalità per cause naturali culminava nella sopravvivenza di un numero eccessivo di individui perfettamente in grado di ricoprire i ruoli sociali caratteristici della propria specie. Nel giro di poche generazioni tutti gli spazi e i ruoli sono occupati, ma vi sono ancora innumerevoli individui capaci di ricoprire i ruoli sociali già occupati. Questi esemplari giovani quindi lottano contro gli esemplari adulti per prenderne il posto, ma la lotta che ne scaturisce è così violenta da portare a un totale esaurimento sia dei contendenti che degli adulti. A ciò segue la dissoluzione della normale organizzazione sociale (cioè, le istituzioni).
I giovani nati in queste condizioni vengono rifiutati dalle proprie madri e dagli altri associati adulti. Questo fallimento precoce nel formare legami sociali viene aggravato dall'interruzione dei cicli di azioni a causa delle interferenze meccaniche risultante dall'alto tasso di contatto tra individui viventi in una popolazione ad alta densità. L'elevato contatto frammenta ulteriormente il comportamento a causa della stocastica delle interazioni sociali, che esigono che per massimizzare la gratificazione derivata dalle interazioni sociali, l'intensità e la durata delle interazioni deve essere ridotta in proporzione alla dimensione del gruppo. Esemplari capaci solo dei più semplici comportamenti compatibili con la sopravvivenza fisica emergono in questo processo (la prima morte). La specie dunque si estingue.
Calhoun tentò di spiegare questo declino sotto forma di equazione:[9]
«Mortalità, morte del corpo = la seconda morte Drastica riduzione della mortalità = morte della seconda morte = morte al quadrato = (morte)2 (Morte)2 porta al disfacimento dell'organizzazione sociale = morte delle classi dominanti Morte delle classi dominanti porta alla morte spirituale = perdita della capacità di impegnarsi in comportamenti essenziali per la sopravvivenza della specie = la prima morte Quindi: (Morte)2 = la prima morte» |
Per Calhoun non c’erano dubbi: non importa quanto sofisticato l'uomo crede di essere, una volta che il numero di individui in grado di ricoprire un ruolo supera largamente il numero di ruoli disponibili,
«L’inevitabile conseguenza è la distruzione dell’organizzazione sociale. Individui nati in queste circostanze sarebbero così distaccati dalla realtà da essere incapaci persino di alienarsi. I loro comportamenti più complessi diventerebbero frammentati. L’acquisizione, la creazione e l’utilizzo di idee appropriate per il sostentamento della vita in una società post-industriale sarebbe impossibile.» |
Il periodo in cui Calhoun condusse i suoi esperimenti era segnato da una concreta paura per il sovrappopolamento. La società, già profondamente segnata dalla più sanguinosa guerra dell’epoca moderna, era seriamente preoccupata delle ripercussioni che l’incremento senza sosta della popolazione umana avrebbe potuto avere sulle risorse naturali, ed ecologi come William Vogt e Fairfield Osborn avevano lanciato i primi allarmi sulla pressione che l’espansione demografica stava avendo sulle risorse di cibo già dal 1948.[7] Inoltre, in quegli anni, iniziò ad emergere la paura della "folla", dello sviluppo e della crescita incontrollata di esseri umani, anche a seguito di alcuni episodi ben noti all'opinione pubblica, come le rivolte nelle città americane avvenute fra il 1965 ed il 1968, le dimostrazioni nelle università, l'ascesa della cultura della droga, e la risposta apatica dei testimoni dell'omicidio di Kitty Genovese.[10]
Nel gennaio 1960 addirittura il Time dedicò una copertina all'argomento, e nel 1968, Paul Ehrlich pubblicò The Population Bomb, altro saggio che suggeriva l’imminente catastrofe mondiale, a causa di guerre provocate dalla limitatezza delle risorse. Il tema raggiunse la massima importanza quando nel 1972 fu pubblicato un rapporto della Rockfeller Commission sulla popolazione degli Stati Uniti, in cui si suggeriva che la crescita senza freno della popolazione dovesse essere rallentata o addirittura invertita.
Tuttavia, il lavoro di Calhoun era differente, perché contrariamente agli ecologi citati, egli dimostrò, attraverso i suoi esperimenti, che la catastrofe legata al sovrappopolamento non era conseguenza di effettiva scarsità di risorse, ma di mancanza di spazio e di troppe interazioni sociali. Nel fare ciò, Calhoun attrasse gli interessi di antropologi, sociologi e psicologi sociali, interessati ai risultati sulle interazioni sociali. Con la sempre maggiore influenza dei sistemi informatici, la teoria dei sistemi e l'approccio olistico nelle scienze biomediche nell'ambito scientifico generale, i risultati di Calhoun portarono anche ad un nuovo modo di pensare nei progettisti urbani e negli architetti, che cominciarono a progettare soluzioni abitative che coesistessero con le leggi naturali, anziché andare loro contro.[11]
Anche in etologia ed in altre branche dello studio dei comportamenti animali lo studio ed i risultati ottenuti fornirono nuovi strumenti di analisi dei risultati, e stimolò altri ricercatori a compiere ricerche nella direzione dei risultati di Calhoun.[10]
Nella cultura popolare invece, la formula della "morte al quadrato" di Calhoun fu interpretata come estremamente pessimista, al pari delle leggi di termodinamica per un fisico, ed ebbero un profondo impatto sull'opinione pubblica. Lo stesso Calhoun aveva scritto i suoi risultati in una prosa atta a suscitare un'analogia fra i topi e gli esseri umani nel lettore.[8] La descrizione dell'habitat ricordava le idee moderniste ed utopistiche dell'urbanista Ludwig Hilberseimer. Calhoun si riferiva alle dimore dei topi come "blocchi di appartamenti", o ai topi "belli" come "giovani delinquenti". Quest'uso dell'antropomorfismo era inusuale per uno scienziato, ma il suo scopo era proprio quello di calare il lettore nell'esperimento. Lo stesso termine "fogna del comportamento" fu usata per evocare uno stato parapatologico della società, una disperazione condivisa, richiamata nel comportamento patologico ed esacerbato dai suoi effetti.
Il termine ebbe così successo da essere poi ripreso dallo scrittore Tom Wolfe in una lamentazione sulla decadenza della città di New York, chiamata O Rotten Gotham! Sliding Down into the Behavioral Sink. L'idea influenzò anche la stesura del romanzo Largo! Largo! di Harry Harrison, che successivamente fu trasposto nel film 2022: i sopravvissuti, dove un mondo sovrappopolato e sull'orlo del collasso dove le persone vengono trasformate in cibo. Anche il romanzo di John Brunner, Tutti a Zanzibar! ipotizzò un mondo iperattivo e sovrappopolato. L'esperimento influenzò anche la stesura di Mrs. Frisby and the Rats of NIMH, di Robert C. O'Brien, che fu poi trasposto nel film d'animazione Brisby e il segreto di NIMH.