Facebook: il ministero degli Interni ha ottenuto le chiavi per entrare nei profili
Senza dirlo a nessuno il ministero degli
Interni italiano ha ottenuto dai vertici di Facebook le chiavi per entrare nei
profili degli utenti anche senza mandato della magistratura. Una violazione
della privacy che farà molto discutere.
Negli Stati Uniti, tra mille polemiche, è allo
studio un disegno di legge che, se sara approvato dal Congresso, permettera alle
agenzie investigative federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme
tecnologiche tipo Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati.
In Italia senza clamore, lo hanno già fatto. I
dirigenti della Polizia postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in
California, e hanno strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che
prevede la possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine
del social network senza dover presentare una richiesta della magistratura e
attendere i tempi necessari pei una rogatoria internazionale. Questo perchè,
spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale per
reprimere certi reati che proprio per la velocita di diffusione su Internet
evolvono in tempo reale.
Una corsia preferenziale, insomma, che potranno
percorrere i detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla
pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare
inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro
insaputa. Intenti forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze
dell'ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza
che sia necessaria l'autorizzazione di un pubblico ministero. In concreto, i 400
agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni
potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di
Facebook.
Ma siamo certi che tutto ciò avverrà nel
rispetto della nostra privacy? In realtà, ormai da un paio d'anni, gli sceriffi
italiani cavalcano sulle praterie di bit. Polizia, Carabinieri, Guardia di
finanza e persino i vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per
ricavare informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni,
confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati. Sempre più
persone conducono in Rete una vita parallela e questo spiega perche alle
indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti virtuali. Con la
differenza che proprio per l'enorme potenzialità del Web e per la facilità con
cui si viola riservatezza altrui a molto facile finire nel mirino dei cybercop:
non è necessario macchiarsi di reati ma basta aver concesso l'amicizia a
qualcuno che graviti in ambienti "interessanti" per le forze dell'ordine.
A Milano, per esempio, una sezione della
Polizia locale voluta dal vicesindaco Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi
"ghisa" nei gruppi di writer, allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e
individuare le firme dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e
denunciarli per imbrattamento. Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia
e Piemonte, terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono continuamente
monitorate dagli interpreti della polizia che si insinuano in Qq, la più diffusa
chat della comunità. Anche le gang sudamericane, protagoniste in passato di
regolamenti di conti a Genova e Milano, vengono sorvegliate dalle forze
dell'ordine. E le lavagne degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte di
foto scaricate da Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno chiamare
Latin King, Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad a ltri ragazzi
sudamericani, permettendo cosi agli agenti di conoscere il loro organigramma.
Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli investigatori delle Digos,
che hanno smesso di farsi crescere la barba per gironzolare intorno ai centri
sociali o di rasarsi i capelli per frequentare le curve degli stadi. Molto più
semplice penetrare nei gruppi considerati a rischio con un clic del mouse.
Quanto ai Carabinieri, ogni reparto operativo autorizza i propri militari, dal
grado di maresciallo in su, ad accedere a qualunque sito internet per indagini
sotto copertura, soprattutto nel mondo dello spaccio tra giovanissimi che
utilizzano le chat per fissare gli scambi di droga o ordinare le dosi da
ricevere negli istituti scolastici. Mentre, per prevenire eventuali problemi
durante i rave, alle compagnie dei Carabinieri di provincia è stato chiesto di
iscriversi al sito di social networking Netlog, dove gli appassionati di musica
tecno si danno appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa. A
caccia di raver ci sono anche i venti compartimenti della Polizia postale e
delle comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di regione e 76 sezioni
dislocate in provincia. «Il nostro obiettivo è quello di prevenire i rave party
prima che abbiano inizio», spiegano, «e per questo ci inseriamo nelle
comunicazioni tra organizzatori e partecipanti, nei social network, nei forum e
nei blog». Così può capitare che anche chi ha semplicemente partecipato ad una
chat per commentare un gruppo musicale finisca per essere radiografato a sua
insaputa.
In teoria queste attività sono coordinate dalle
procure che conducono le indagini su singoli fatti o su fenomeni più ampi. I
responsabili dei social network non ci tengono a farlo sapere e parlano di una
generica offerta di collaborazione con le forze dell'ordine per impedire che le
loro piattaforme favoriscano alcuni delitti. Un investigatore milanese rivela a
"L'espresso" che, grazie alle autorizzazioni della magistratura, da tempo
ottiene dai responsabili di Facebook Italia di visualizzare centinaia di profili
riservati di altrettanti utenti, riuscendo persino ad avere accesso ai contenuti
delle chat andando indietro nel tempo fino ad un anno. Chi crede di aver
impostato le funzioni di riservatezza in modo da non permettere a nessuno di
vedere le foto, i post e gli scambi di messaggi con altri amici, in realtà, se
nel suo gruppo c'e un sospetto, viene messo a nudo e di queste intrusioni non
verrà mai a conoscenza.
E non sempre l'autorità giudiziaria viene messa
al corrente delle modalità con cui vengono condotte alcune indagini telematiche.
Un ufficiale dei Carabinieri, che chiede di rimanere anonimo, ammette che certe
violazioni della legge sulla riservatezza delle comunicazioni vengono praticate
con disinvoltura: «Talvolta», spiega l'ufficiale. «creiamo una falsa identità
femminile su Fb, su Msn o su altre chat, inseriamo nel profilo la foto di un
carabiniere donna, meglio se giovane e carina, e lanciamo l'esca. II nostro
carabiniere virtuale tenta un approccio con la persona su cui vogliamo
raccogliere informazioni, magari complimentandosi per un tatuaggio. E in men che
non si dica facciamo parte del suo gruppo, riuscendo a diventare "amici" di
tutti i soggetti che ci interessano». Di tutta questa attività, spiega ancora
l'ufficiale, «non sempre facciamo un resoconto alla procura e nei verbali ci
limitiamo a citare una fantomatica fonte confidenziale». Da oggi, in virtù
dell'accordo di collaborazione con Mark Zuckerberg siglato dalla Polizia, chi
conduce queste indagini potrà fare a meno di avvisare un magistrato perchè «la
fantasia investigativa può spaziare», prevede un funzionario della polizia postale, «e le osservazioni virtuali potranno essere impiegate anche in indagini
preventive».
Non mi stupisco più di tanto.
RispondiEliminaSi era capito sin dall'inizio che Facebook sarebbe potuto servire a questo, un gigantesco occhio del grande fratello. Io non mi sono iscritta, ma tanto con il blog e la posta è uguale, non mi illudo certo di essere protetta o avere la mia privacy rispettata.
Credo che l'importante sia saperlo. Se c'è qualcosa che non voglio far sapere ad altri, fosse anche semplicemente cosa ho mangiato questa sera, non lo scrivo su internet, in nessun spazio. Semplice.
Il resto sai... che hanno i nostri dati si sa, dipende dall'uso che vorranno farne. Certo, trovo assurdo venire praticamente spiati magari solo perché ingenuamente si accetta l'amicizia di qualcuno che è controllato per motivi di cui si è all'oscuro, mi sembra una sorta di polizia preventiva che realizza proprio le distopie peggiori immaginate da Philip Dick. Ma tant'è.
Grazie per aver condiviso la notizia comunque. :-)
Esserne al corrente è già meglio di niente.
Un saluto.