Questo è il testo del messaggio di Vladimir Putin agli americani pubblicato dal
New York Times.
I recenti avvenimenti riguardanti la Siria mi hanno indotto a parlare
direttamente con il popolo americano e con i suoi leader. Penso sia importante
farlo in un momento in cui le comunicazioni tra le nostre due società sono
difficili.
Le relazioni tra di i nostri due paesi sono state altalenanti. Siamo stati uno
contro l'altro durante la Guerra Fredda. Ma, in precedenza fummo alleati e
sconfiggemmo insieme il Nazismo. L'organizzazione per il governo mondiale - le
Nazioni Unite - furono fondate allora, proprio allo scopo di prevenire altri
drammi come quello, per evitare che simili distruzioni si ripetessero.
I fondatori delle Nazioni Unite compresero che le decisioni sulla pace e sulla
guerra potevano essere prese solo attraverso un consenso generale, e con il
benestare degli Stati Uniti, il potere di veto dei membri permanenti dell'Onu
venne scolpito nel documento costitutivo delle Nazioni Unite. Questa grande saggezza
ha permesso di avere una stabilità internazionale per decenni.
Nessuno vuole che le Nazioni Unite facciano la stessa fine della Lega delle
Nazioni, scomparsa a causa del fatto che i paesi che la componevano non avevano
la stessa forza. Questo però è possibile se paesi influenti bypassano l'Onu e
decidono di intraprendere azioni militari senza l'autorizzazione del Consiglio
di Sicurezza.
L'attacco militare alla Siria minacciato dagli Stati Uniti, contro cui esiste
l'avversione di molti paesi, di molti leader mondiali politici e religiosi,
compreso il Papa, non farebbe altro che aumentare il numero delle vittime e
porterebbe a un'escalation del conflitto, che potrebbe diffondersi anche ben
oltre i confini siriani. L'attacco porterebbe a un aumento della violenza e
della minaccia del terrorismo. Potrebbe minare gli sforzi internazionali per
trovare una soluzione alla questione del nucleare iraniano, al conflitto tra
israeliani e palestinesi, e potrebbe destabilizzare ancora di più il
Medioriente e il Nord Africa. Potrebbe far saltare l'intero sistema
internazionale giuridico e dare un duro colpo agli attuali equilibri
internazionali.
In Siria, in questo momento, non è in corso una battaglia per la democrazia, ma
si sta combattendo un conflitto tra il governo e l'opposizione armata in un
paese multireligioso. Ci sono pochi campioni di democrazia in Siria. Ma ci sono
fin troppi guerriglieri di Al Qaeda e fondamentalisti di ogni tipo che stanno
combattendo contro il governo siriano. Il Dipartimento di Stato ha inserito
nella lista delle organizzazioni terroristiche la milizia di Al Nusra e il
Fronte islamico iracheno, che stanno combattendo a fianco dell'opposizione.
Questa guerra civile, alimentata da coloro che forniscono armi agli oppositori,
è uno dei più sanguinosi conflitti al mondo.
Mercenari dai paesi arabi combattono in Siria, così come fanno molti militanti
provenienti dai paesi occidentali e anche dalla Russia, e sono per noi motivo
di forte preoccupazione. Torneranno nei nostri paesi dopo l'esperienza bellica
siriana? Dopo tutto, gli estremisti islamici che hanno combattuto in Libia poi
si sono trasferiti in Mali. Non è un pericolo che ci riguarda tutti?
Fin dall'inizio, la Russia ha avuto come priorità la ricerca di un soluzione
pacifica del conflitto che potesse passare attraverso un compromesso e desse la
possibilità ai siriani di decidere del loro futuro. Noi non stiamo proteggendo
il governo siriano, ma le leggi internazionali. Noi vogliamo, dobbiamo
appellarci alle Nazioni Unite perché crediamo che sia l'unico modo per
preservare l'ordine e le leggi internazionali ed evitare così che un mondo così
turbolento precipiti nel caos. La legge è ancora la legge, e che ci piaccia o
no, dobbiamo ancora seguirla. L'attuale legge dice ha l'uso della forza è permesso
solo come auto difesa o dietro autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Tutto
il resto, per la Carta delle Nazioni Unite, è inaccettabile e si configura come
un atto di aggressione.
Non c'è alcun dubbio che in Siria siano state usate armi chimiche. Ma ci sono
tutte le ragioni possibili per credere che non siano state utilizzate
dall'esercito siriano, ma, al contrario, dai ribelli, per provocare
l'intervento dei loro potenti sostenitori stranieri, che così facendo, di
fatto, si allineano accanto ai gruppi fondamentalisti islamici. Le notizie che
un altro attacco da parte di questi militanti - questa volta contro Israele -
non possono essere ignorate.
E'molto allarmante vedere che per gli Stati Uniti sia diventato normale
intervenire militarmente in conflitti interni ad altri paesi. Fa parte degli
intessi strategici americani? Ne dubito. Sempre più milioni di persone nel
mondo non vedono più gli Usa come un modello di democrazia, ma come una nazione
che usa solo la forza militare, e che raccoglie attorno a se coalizioni
internazionali al motto: "chi non è con noi è contro di noi".
Ma l'uso della forza si è rivelato inefficace e senza alcun scopo.
L'Afghanistan non è stato stabilizzato e nessuno può dire cosa accadrà quando
si ritireranno le forze internazionali. La Libia è divisa in tribù e clan. In
Iraq, continua la guerra civile, con decine di morti ogni giorno. Negli Stati
Uniti, molti accomunano la Siria all'Iraq e si chiedono se il loro governo
ripeterà i recenti errori del passato.
Non importa quanto siano precisi gli attacchi o quanto sofisticate le armi
utilizzate. Le bombe uccidono i civili, le donne e gli anziani, per la cui
difesa, questi attacchi vengono giustificati.
Molti nel mondo si chiedono: se non possiamo contare sulla legge internazionale
per difenderci, quali altre misure dobbiamo prendere per la nostra sicurezza?
Così, un sempre maggiore numero di paesi può pensare di acquistare armi di
distruzione di massa. Questo è logico: se hai un bomba, nessuno ti attaccherà.
Ci siamo lasciati discutendo della necessità di incoraggiare la non
proliferazione delle armi, e invece, tutto questo adesso, rischia di essere
perduto.
Dobbiamo smettere di usare il linguaggio della forze e tornare invece a quello
della civile diplomazia e della ricerca di una soluzione politica.
Una nuova opportunità per evitare l'attacco si è presentata nei giorni scorsi.
Gli Usa, la Russia e tutti gli altri membri della comunità internazionale
devono cogliere al volo la dichiarata volontà del governo siriano di mettere
sotto il controllo internazionale le sue armi chimiche per arrivare poi alla
loro distruzione. Nel suo Discorso alla Nazione, il presidente Obama ha
presentato questo piano come un'alternativa all'attacco militare.
Apprezzo molto l'interesse mostrato dal presidente Obama nel continuare il
dialogo con la Russia sulla Siria. Dobbiamo lavorare insieme per mantenere
questa speranza viva, così come ci siamo detti alla riunione del G8 che si è
svolta a Lough Erne, in Irlanda del Nord, in giugno, e dobbiamo tornare a
sederci al tavolo dei negoziati.
Se l'uso della forza in Siria potrà essere evitato, questo porterà a una
atmosfera internazionale più distesa e a una maggiore fiducia reciproca. Sarà
la condivisione dei nostri successi ad aprire la porta per trovare favorevoli
soluzioni per gli altri spinosi temi in agenda.
Ho lavorato a lungo con il presidente Obama e ho con lui una relazione
personale improntata su di una crescente fiducia. E'una cosa che apprezzo. Ho
seguito il suo Discorso alla Nazione di martedì scorso. E vorrei esprimere
tutta la mia delusione per il suo passaggio sull'Eccezionalismo americano,
quando lui ha affermato che la politica americana deve essere all'insegna della
diversità: "Perché è quello che ci rende diversi, è quello che rende l'America
straordinaria." E'molto pericoloso incoraggiare le persone a sentirsi
"straordinarie", qualsiasi sia la ragione per cui questo viene detto.
Ci sono paesi grandi e paesi piccoli, paesi ricchi e paesi poveri, paesi che
hanno una lunga tradizione democratica e paesi che stanno ancora cercando la
loro strada verso la democrazia. Le politiche sono diverse. Noi tutti siamo
diversi, ma quando chiediamo la benedizione di Dio non dobbiamo dimenticarci
che Dio ci ha creati tutti uguali.
Firmato: Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa