martedì 23 dicembre 2014

Le due facce della stessa medaglia....


Spesso mi lascio coinvolgere dalle situazioni più di quanto dovrei...
...sensibile, al fruire degli eventi...fiducioso nel panta rei nel divenire
...in fondo credo sia una cosa buona, che porta con se il bene e il male, come le doppie facce della stessa medaglia

domenica 14 dicembre 2014

Perduti...

Per rammentarmi il Valore della Vita, ho scritto queste poche parole...


Ogni giorno, da qualche parte, per qualche motivo suonano delle campante.
Rintocchi sordi, spesso lontani...troppo lontani per appartenerci.

Toc. Toc.
Poi un giorno, proprio alla nostra porta, viene a bussare un ospite inatteso.
Le stoviglie ancora da lavare, la camera da letto in disordine...tanti progetti e cose da concludere, sogni da realizzare.
Toc. Toc.
Si chiude la porta della camera perchè, non si veda il disordine...
Con passo incerto si va alla porta.
Nella mente, già si abbandonano le faccende, e l'attenzione va a quello scocciatore che prepotentemente irrompe nella nostra vita.
Toc. Toc.
Arrivo, dannazione un minuto.
Un attimo ti pazienza.
Ma quest'ospite inatteso proprio non ne vuol spare di rinunciare alla sua visita.
Toc...
Chi è?
....
Sono la tua vita...sono venuto a dirti che è ora che partiamo.
....
Ma non è possibile?! Ho ancora tante cose da fare...un'intera esistenza da vivere!
Sono giovane!
.....
Lo eri! Ma le cose de Avevi da fare...ti hanno stappato via il tuo tempo...ora è il momento di andare.
.....
Non posso venire!
....
Perchè?
....
perchè, proprio ora scopro quanto tu sia preziosa nella mia casa...nella mia esistenza, ti prego rimandiamo?!
....
d'accordo...prenditi ancora un po di tempo...
ma devo accompagnarti ad una triste amica...si chiama "malattia"...
Ti accompagnerà lei...
io andrò via pian piano...
ci rivedremo...giusto il tempo di dire addio.
...
Nifth

sabato 13 dicembre 2014

America lo stato migliore al mondo? Forse no...

A parer mio, gli U.s.a. non sono mai stati il paese più bello del mondo....men che meno oggi...in questo video, cedo venga ben espresso il motivo per la mia affermazione....

sabato 29 novembre 2014

Never Fall in Love with a Scuba Diver







Mai innamorarsi di un sub.
Andrà al mare ogni weekend senza avere un’abbronzatura perfetta. I suoi capelli non saranno mai asciutti ed i suoi baci avranno spesso il sapore del sale. Avrà una barba trascurata e possederà più costumi che cravatte. Passerà il tempo volando verso posti in cui il telefono non prende e viaggerà attraverso la Foresta Amazzonica con persone che conosce a malapena. Cercherà di farti assaggiare la birra locale a tutti i costi e se ammetterai di avere paura degli squali, ti prenderà in giro.
Sarà affascinato dalle cose che le altre persone trovano strane o brutte e flirterà attraverso le bolle. Nessun viaggio sarà più interessante di quella volta che si è immerso con uno squalo balena, o di quella notte che ha ballato con abitanti di Palau. Amano le cene sofisticate almeno quanto indossare le scarpe, e possono passare ore fissando l’oceano senza ascoltare niente di ciò che stai dicendo.
Ma se, per caso, dovessi innamorarti di un tritone, se una sirena dovesse rubarti il cuore senza volertelo restituire, non lasciar seccare le sue branchie. Lasciateli scivolare tra le onde.Lasciateli vivere nel loro, altro mondo. Fategli vivere un’avventura, magari ai piedi di una cascata, e immergetevi nell’ignoto. Imparate a dire “grazie” in dieci lingue diverse, a guardare cose talmente incredibili che non avrete parole per descriverle. Permettetegli di mostrarvi come l’oceano cambia le persone.
Un sub non vi amerà mai più di quanto ami il mare, ma vi amerà per sempre condividendo il suo amore con voi.

domenica 9 novembre 2014

Quello che una donna potrà fare quando si sentirà triste....


Mia nonna diceva che quando una donna si sentirà triste,
quello che potrà fare è intrecciare i suoi capelli: così il dolore rimarrà intrappolato tra i suoi capelli e non potrà raggiungere il resto del corpo.
Bisognerà stare attente che, la tristezza, non raggiunga gli occhi, perché li farà piangere e sarà bene non lasciarla posare sulle nostre labbra, perché ci farà dire cose non vere; che non entri nelle tue mani – mi diceva – perché tosterà di più il caffè o lascerà cruda la pasta: alla tristezza piace il sapore amaro.
Quando ti sentirai triste, bambina, intreccia i capelli: intrappola il dolore nella matassa e lascialo scappare quando il vento del nord soffia con forza.
I nostri capelli sono una rete in grado di catturare tutto: sono forti come le radici del vecchio cipresso e dolce come la schiuma della farina di mais.
Non farti trovare impreparata dalla malinconia, bambina, anche se hai il cuore spezzato o le ossa fredde per ogni assenza. Non lasciarla in te, con i capelli sciolti, perché fluirà come una cascata per i canali che la luna ha tracciato nel tuo corpo.
Intreccia la tua tristezza – mi disse – intreccia sempre la tua tristezza.
E, domani, quando ti sveglierai con il canto del passero, la troverai pallida e sbiadita tra il telaio dei tuoi capelli.*
[Paola Klug]

sabato 8 novembre 2014

Tempesta....

A qualcuno, in un momento di sincero confronto, dissi; non devi per forze esser buona con tutti.
Un consiglio prezioso, rivisto nello specchio delle proprie esperienze.
Imparo ogni giorno a conoscere il mare, un microscopico avanzare nelle sue immensità...
Oggi un buon tempo, domani forse la tempesta.

mercoledì 5 novembre 2014

Clessidra...

A chi nello scorgere il tempo passato trova solo i timori per un orrido futuro...non rimane che rompere la clessidra!....

lunedì 3 novembre 2014

sabato 25 ottobre 2014

PNAC - PROGETTO PER IL NUOVO SECOLO AMERICANO.




PNAC - Project for the New American Century (Progetto per il Nuovo Secolo Americano)Rebuilding America's Defenses (tratto da www.luogocomune.net)
La prima volta che ciascuno di noi ha sentito ventilare la possibilità che l'11 settembre sia stato un autoattentato, ha probabilmente reagito nello stesso modo: con un secco rifiuto istintivo. "Non è possibile che gli americani si siano fatti questo da soli", è la prima cosa che qualunque persona normale è portata a pensare, di fronte ad un'azione che nessuno di noi riuscirebbe nemmeno a concepire nella più torbida delle sue notti.

Pare invece che vi sia chi è riuscito a concepirla alla piena luce del giorno, con largo anticipo, e senza nemmeno mostrare troppe remore nel renderla pubblica. Stiamo parlando del notorio documento del PNAC - Project for the New American Century - partorito nel Settembre del 2000 dal think-tank guidato da Wolfowitz, Rumsfeld, Cheney e soci, ovvero dalla squadra che solo quattro mesi dopo, in maniera tutt'altro che limpida, sarebbe riuscita a conquistarsi la strada per la Casa Bianca.

Il "Nuovo Ordine Mondiale"

La "filosofia" del PNAC, che è ufficialmente nato nel 1997, era imperniata sull'idea che fosse necessario approfittare del recente crollo dell'impero sovietico, e della momentanea mancanza di avversari a livello mondiale, per garantire all'America strategicamente, politicamente, e militarmente, il controllo indiscusso del pianeta.

E' quello che sempre più comunemente viene definito "New World Order", o Nuovo Ordine Mondiale. In una curiosa coincidenza, il Presidente George H. Bush (padre dell'attuale Presidente) teneva di fronte al Congresso americano (il Parlamento a camere riunite) un discorso intitolato "Towards a New World Order" (verso un nuovo ordine mondiale), proprio l'11 di Settembre del 1990. Si era alla vigilia della Prima Guerra del Golfo. Undici anni dopo sarebbero cadute le Torri Gemelle. E nonostante il figlio, divenuto nel frattempo presidente, quel giorno si trovasse in Florida, l'ex-presidente, di ritorno da New York al Texas, decise di passare la notte alla Casa Bianca, in compagnia di Dick Cheney. Cheney è l'uomo che avrebbe preso in mano le redini dell'intera situazione, il giorno seguente, in assenza del Presidente da Washington.

Ovviamente, il progetto di distruzione delle Torri Gemelle non stava scritto nero su bianco, sulle pagine del PNAC pubblicate nel Settembre 2000, ma di certo quegli attentati apparvero come un elemento ideale da una parte, e assolutamente indispensabile dall'altra, per mettere in moto la macchina da guerra che abbiamo visto scatenarsi dopo l'11 Settembre.

L'articolo che segue, pubblicato nel settembre 2002 dal Sunday Herald di Londra, sembra offrire un'ottima sintesi di quella che è la mentalità che sta alla base del "Progetto per il Nuovo Secolo Americano".

Il documento originale "Rebuilding Americas Defenses" (.pdf)

Il discorso di George H. Bush dell'11 Settembre 1990, "Towards a New World Order"

Il sito ufficiale del PNAC.
 

Qui di seguito un articolo del Sunday Herald riguardo il contenuto del PNAC.
 


Bush pianificò il "cambio di regime" in Iraq prima di diventare PresidenteDi Neil Mackay, Sunday Herald - 15 settembre 2002
Un progetto SEGRETO per la dominazione USA del globo rivela che il Presidente Bush e il suo gabinetto stavano pianificando un attacco premeditato all'Iraq per garantire un cambiamento di regime anche prima di prendere il potere nel gennaio del 2001.

Il progetto, scoperto dal Sunday Herald, per la creazione di una "Pax Americana globale" è stato redatto da Dick Cheney (ora vice-presidente), Donald Rumsfeld (ministro della difesa), Paul Wolfowitz (segretario di Rumsfeld), il fratello minore di George W Bush, Jeb, e Lewis Libby (capo dello staff di Cheney). Il documento, intitolato "Ricostruzione delle difese americane: Strategie, Forze e Risorse per un Nuovo Secolo", fu scritto nel settembre 2000 dal comitato di neo-conservatori: Project for the New American Century (PNAC).

Il piano mostra come il gabinetto di Bush intendesse prendere il controllo della regione del Golfo, fosse o no al potere Saddam Hussein. Vi si legge: "Da decenni gli Stati Uniti tentano di giocare un ruolo più permanente nella sicurezza della regione del Golfo. Se l'irrisolto conflitto con l'Iraq offre la giustificazione immediata, la necessità per una consistente presenza americana nel Golfo trascende la questione del regime di Saddam Hussein".
Il documento PNAC conferma un "progetto per il mantenimento della supremazia globale degli USA, impedendo l'ascesa di una grande potenza rivale e modellando l'ordine e la sicurezza internazionali in linea con i principi e gli interessi americani".

La "grandiosa strategia americana" dovrà essere perseguita "più a lungo possibile nel futuro", dice il rapporto. Esso richiede inoltre che gli USA "combattano e riportino vittorie decisive in contemporanea su più teatri di guerra di importanza strategica" come "missione chiave".

Il rapporto descrive le forze armate americane all'estero come "la cavalleria della nuova frontiera americana". Il progetto PNAC conferma un precedente documento scritto da Wolfowitz e Libby secondo il quale gli USA devono "scoraggiare le nazioni industrialmente avanzate dal proporre la loro leadership o perfino ad aspirare ad un più ampio ruolo a livello regionale o mondiale"
Inoltre il rapporto PNAC:

- si riferisce agli alleati chiave, come il Regno Unito, come al "più efficace ed efficiente mezzo per esercitare la leadership americana globale";

- descrive le missioni di mantenimento della pace come "riservate alla leadership politica americana, piuttosto che a quella delle Nazioni Unite";

- rivela la preoccupazione all'interno dell'amministrazione che l'Europa possa rivaleggiare con gli USA;

- afferma che "anche se Saddam dovesse uscire di scena" le basi in Arabia Saudita e in Kuwait rimarranno in modo permanente - nonostante l'opposizione interna dei regimi del Golfo allo stazionamento di truppe USA - dal momento che l'Iran potrebbe benissimo rivelarsi una minaccia agli interessi USA pari a quella rappresentata dall'Iraq".

- evidenzia la Cina per un "cambio di regime", sostenendo che "è tempo di accrescere la presenza delle forze americane nell'Asia sud-orientale". Questo, dice il documento, può portare al fatto che "l'America e le potenze alleate forniscano la spinta al processo di democratizzazione in Cina";

- sollecita la creazione di "Forze Spaziali USA", per dominare lo spazio, e il controllo totale del cyberspazio per evitare che i "nemici" possano adoperare internet contro gli USA;

- suggerisce che, nonostante la minaccia di dichiarare guerra all'Iraq per aver sviluppato armi di distruzione di massa, gli USA meditano di produrre armi biologiche - bandite dalla nazione - nei decenni a venire. Esso afferma: "Nuovi metodi di attacco - elettronico, 'non-letale', biologico - saranno disponibili in misura maggiore; probabilmente i combattimenti avranno luogo in nuove dimensioni, nello spazio, nel cyberspazio, e forse il mondo dei microbi ... forme avanzate di guerra biologica indirizzate a specifici genotipi, possono levare la guerra biologica dal regno del terrore e trasformarla in un utile strumento politico";

- e indica la Corea del Nord, la Libia, la Siria e l'Iran come regimi pericolosi e afferma che la loro esistenza giustifica la creazione di un "sistema mondiale di controllo e comando".

Tam Dalyell, il ministro laburista, padre della Camera dei Comuni e una delle principali voci di ribellione contro la guerra in Iraq, dichiara: "Questa è spazzatura della consulenza presidenziale di destra fatta di falchi col cuore da coniglio - gente che non ha mai fatto la guerra ma è innamorata dell'idea della guerra. Uomini come Cheney, che durante guerra del Vietnam erano imboscati.

"Questo è un progetto per la dominazione USA del mondo - un nuovo ordine mondiale di loro invenzione. Questi sono i processi mentali di visionari americani che vogliono controllare il mondo. Mi sconvolge che un Primo Ministro laburista britannico abbia potuto saltare nel letto di una ciurma di simile levatura morale."

Copyright © 2002 smg sunday newspapers ltd. no.176088

Traduzione di Pier Giorgio per luogocomune.net

Fonte originale: 
Sunday Herald - 15 September 2002.



Traduzione dei brani più significativi del PNAC
Il documento completo è troppo lungo, per cui propongo qui una traduzione dei punti salienti ad opera dell'utente Orwell di www.luogocomune.net.
« RICOSTRUIRE LA DIFESA AMERICANA
Strategia, Forze e Risorse per un Nuovo Secolo

Rapporto del Progetto per un Nuovo Secolo Americano
Settembre 2000

IL PROGETTO PER IL NUOVO SECOLO AMERICANO
Nato nella primavera del 1997, il progetto per il nuovo secolo americano è una organizzazione educazionale no-profit, il cui scopo è di promuovere la leadership americana globale. Il progetto è una iniziativa del Progetto Nuova Cittadinanza. William Kristol è il presidente del progetto, e Robert Kagan, Devon Gaffney Cross, Bruce P. Jackson e John R. Bolton ne sono i direttori. Gary Schmitt è il direttore esecutivo del progetto.

“Al termine del 20° secolo, gli Stati Uniti si presentano come la potenza mondiale dominante. Dopo aver guidato l’occidente alla vittoria della Guerra Fredda, l’America è ora davanti ad una opportunità ed una sfida: gli Stati Uniti hanno la lungimiranza di costruire ancora sui successi ottenuti nei decenni passati? Gli Stati Uniti hanno la risolutezza per configurare un nuovo secolo che sia favorevole ai principi e agli interessi Americani?

“[Ciò di cui abbiamo bisogno è] una forza militare che sia forte e pronta ad affrontare sia le sfide presenti sia quelle future; una politica estera che promuova in modo deciso e propositivo i principi americani all’estero; e una leadership nazionale che accetti le responsabilità globali degli Stati Uniti.

“Certo, gli Stati Uniti devono essere prudenti nel modo in cui esercitano il loro potere. Tuttavia non possiamo evitare i costi che sono associati alla responsabilità della leadership globale. L’America ha un ruolo vitale nel mantenimento della pace e della sicurezza in Europa, in Asia e nel Medio Oriente. Se decliniamo le nostre responsabilità, incoraggiamo le sfide ai nostri interessi fondamentali. La storia del 20° secolo dovrebbe averci insegnato quanto sia importante configurare le circostanze prima che emerga la crisi, e affrontare le minacce prima che diventino estreme. La storia del secolo passato dovrebbe averci insegnato ad abbracciare la causa della leadership americana.”

- Dal fondamento del progetto Dichiarazione dei Principi.

INTRODUZIONE
Il progetto per il Nuovo Secolo Americano nacque nella primavera del 1997. Dalla sua nascita, il Progetto si è preoccupato del declino della forza della difesa americana, e dei problemi che tale declino creerebbe per l’esercizio della leadership americana nel mondo e, in ultimo, per il mantenimento della pace.

Le nostre preoccupazioni furono rafforzate dai due studi sulla difesa commissionati dal congresso che furono disponibili di lì a poco: la Review Quadriennale della Difesa del Pentagono (QDR, Maggio 1997) e il rapporto del Panel Nazionale sulla Difesa (NDP, Dicembre 1997). Entrambi gli studi assumevano che i budget di spesa sulla difesa negli USA sarebbero rimasti stabili o avrebbero continuato a ridursi. Di conseguenza, i piani di difesa e le raccomandazioni evidenziate nei due rapporti furono disegnati avendo in mente tali vincoli di budget. In termini generali, il QDR espresse preoccupazione sulle attuali esigenze militari nella spesa per i futuri bisogni della difesa, mentre il rapporto dell’NDP enfatizzò i bisogni futuri sottostimando le odierne responsabilità della difesa. Anche se il QDR e il rapporto dell’NDP proponevano politiche diverse, entrambi condividevano una caratteristica di fondo: il divario tra risorse e strategia doveva essere colmato non aumentando le risorse bensì con un ridimensionamento della strategia. Le forze armate americane, sembrava, potevano prepararsi al futuro ritirandosi dal loro decisivo ruolo di difesa dell’odierno ordine di sicurezza globale, oppure potevano occuparsi della situazione attuale ma essere impreparate per le minacce e le battaglie di domani.
Entrambe le alternative ci sembrarono miopi. Gli Stati Uniti sono l’unica superpotenza, combinando potere militare dominante, leadership tecnologica globale, ed economia più estesa del mondo. Inoltre, l’America si pone a capo di un sistema di alleanze che include gli altri poteri democratici guida del mondo. Al momento gli Stati Uniti non hanno nemici globali. La strategia generale dovrebbe puntare a mantenere ed estendere questa posizione vantaggiosa il più possibile negli anni a venire. Ci sono, tuttavia, stati potenzialmente potenti insoddisfatti della situazione attuale che vogliono cambiarla, se possibile, in direzioni che mettono in pericolo la condizione di relativa pace, prosperità e libertà di cui gode il mondo oggi. Fino ad ora, sono stati scoraggiati dal farlo dalla capacità e dalla presenza globale del potere militare Americano. Ma, se tale potere diminuirà, sia in termini assoluti sia relativi, le felici condizioni che ne conseguono saranno inevitabilmente messe a repentaglio.

Il mantenimento dell’invidiabile situazione strategica in cui gli Stati Uniti si trovano oggi richiede una capacità militare dominante sia oggi sia nel futuro. Tuttavia anni di tagli alla spesa militare hanno eroso la prontezza dell’esercito Americano, e mettono a rischio i piani del Pentagono per mantenere la superiorità militare negli anni a venire. Sempre di più, l’esercito degli US si ritrova sottodimensionato, equipaggiato ed addestrato inadeguatamente, costretto a gestire operazioni d’emergenza, e mal preparato a adattarsi alla “Revolution in military affairs”. Senza una ben congegnata politica di difesa e un appropriato aumento della spesa militare, gli Stati Uniti si stanno facendo sfuggire la possibilità di avvantaggiarsi appieno delle opportunità strategiche alla sua portata.

Con queste premesse in mente, nella primavera del 1998 avviammo un progetto che aveva lo scopo di esaminare i piani e i bisogni in termini di risorse per la difesa del paese. Iniziammo dal presupposto che le potenzialità militari degli US dovrebbero essere in grado di sostenere una strategia Americana generale mirata a costruire su questa opportunità senza precedenti. Non accettammo nessun tipo di vincolo prestabilito sulla base di assunzioni su cosa il paese dovrebbe o non dovrebbe voler spendere per la sua difesa.

In termini generali, vedemmo il progetto come la prosecuzione della strategia sulla difesa espressa dal Dipartimento delle Difesa di Cheney negli ultimi giorni dell’Amministrazione Bush. La Guida alla Politica sulla Difesa (DPG) abbozzata nei primi mesi del 1992 offriva un modello di riferimento per mantenere la supremazia degli US, impedendo la crescita di un grosso potere nemico, e configurando l’ordine della sicurezza internazionale in linea con i principi e gli interessi Americani. Trapelato prima di essere formalmente approvato, il documento fu criticato come uno sforzo dei “guerrieri della guerra fredda” mirato a mantenere alto il livello della spesa per la difesa e ad arginare i tagli alle forze armate malgrado il crollo dell’Unione Sovietica; come prevedibile, fu di conseguenza accantonato dalla nuova amministrazione.

Anche se l’esperienza degli ultimi otto anni ha modificato la nostra conoscenza dei fabbisogni particolari dell’esercito per portare avanti questa strategia, i principi di base del DPG, a nostro giudizio, rimangono validi. E le parole che il segretario Cheney pronunciò a quel tempo in risposta alle critiche al DPG sono ancora vere: “Possiamo supportare le forze armate di cui abbiamo bisogno e rimanere in una posizione che aiuti a far andare le cose per il meglio, oppure possiamo gettare questo vantaggio al vento. Ma ciò non farebbe che anticipare il giorno in cui dovremo affrontare minacce più grandi, ad un costo maggiore e un rischio ulteriore per la vita degli Americani.”

Il progetto andò avanti con lo svolgimento di una serie di seminari. Chiedemmo ad eminenti esperti della difesa di scrivere articoli per approfondire vari argomenti: le missioni future e i bisogni dei singoli servizi dell’esercito, il ruolo delle riserve, la dottrina strategica nucleare e la difesa missilistica, il budget per la difesa e i progetti per la modernizzazione dell’esercito, lo stato (addestramento e prontezza) attuale delle forze, la Revolution in military affaire, la pianificazione della difesa per i teatri di guerra, piccole guerre e operazioni di polizia. Gli articoli furono distribuiti ad un gruppo di partecipanti, scelti per la loro esperienza e giudizio nelle questioni della difesa. (L’elenco dei partecipanti si trova alla fine di questo rapporto). Ciascun articolo divenne quindi la base per la discussione e il dibattito. Il nostro scopo era di utilizzare gli articoli per aiutare la discussione, per generare e valutare le idee, e per supportarci a sviluppare il nostro rapporto finale. Mentre ogni articolo partiva dallo stesso punto di vista strategico comune, non facemmo nessun tentativo di indirizzare i punti di vista o le indicazioni dei singoli articoli. Volevamo che la discussione fosse il più possibile completa e diversificata.

Il nostro rapporto discende in modo pesante da quelle considerazioni. Tuttavia non chiedemmo ai partecipanti al seminario di “sottoscrivere” il rapporto finale. Volevamo una discussione franca e cercammo di evitare i rischi che si potevano nascondere nel tentare di produrre un prodotto di consenso ma blando. Volevamo tentare di definire e descrivere una strategia di difesa che fosse onesta, meditata, coraggiosa, internamente consistente e chiara. E volevamo far scattare la scintilla per una discussione seria ed informata, il primo passo essenziale per arrivare a conclusioni valide e per conquistare il sostegno dell’opinione pubblica.

Alcuni fatti nuovi ci hanno fatto pensare che il rapporto poteva avere un’audience più ricettiva adesso rispetto agli anni più recenti. Per la prima volta dagli anni ’60 il governo federale sta gestendo un avanzo di capitale. Per la maggior parte degli anni ’90, il Congresso e la Casa Bianca hanno dato alla parità del bilancio federale una priorità maggiore rispetto al finanziamento della sicurezza nazionale. Infatti, ad un livello significativo, il budget è stato bilanciato da una combinazione tra aumento delle entrate provenienti dalle tasse e tagli alla spesa per la difesa. L’avanzo che ci si attende nelle entrate federali nei prossimi dieci anni, ad ogni modo, elimina qualsiasi necessità di tenere la spesa per la difesa ad un preconcetto basso livello.

Inoltre, l’opinione pubblica Americana e i suoi rappresentanti eletti sono diventati sempre più consapevoli del declino dello stato dell’esercito degli US. Notizie di cronaca, rapporti del Pentagono, testimonianze del congresso e resoconti di membri dei servizi armati dipingono un quadro di un esercito Americano che è alle prese con bassi tassi di arruolamento e mantenimento, alloggi cadenti, insufficienza di pezzi di ricambio e di armi, e una preparazione al combattimento in calo.

Infine, questo rapporto viene dopo l’esperienza di un decennio alle prese con il mondo del dopo Guerra Fredda. Gli sforzi fatti in passato per disegnare una strategia di difesa che funzionasse per la sicurezza odierna sono stati costretti a funzionare su molte ipotesi non verificatesi sulla natura di un mondo senza una superpotenza nemica. Oggi abbiamo un’idea molto più chiara di quali siano le nostre responsabilità, quali potrebbero essere le minacce per noi in questo nuovo scenario di sicurezza, e di cosa ci sarà bisogno per assicurare la conseguente pace e stabilità. Siamo convinti che il nostro rapporto rifletta e tragga benefici da questo bagaglio di esperienza decennale.

Il nostro rapporto viene pubblicato in un anno di elezioni presidenziali. La nuova amministrazione dovrà produrre una seconda Review Quadriennale della Difesa poco dopo il suo insediamento. Speriamo che il rapporto del Progetto servirà come linea guida per i piani di difesa immediati e futuri della nazione. Crediamo di aver messo in piedi un programma di difesa che è giustificato dall’evidenza, è basato su un onesto esame dei problemi e delle possibilità, e che non si sottrae dall’affrontare il reale costo della sicurezza. Speriamo che possa ispirare una attenta considerazione e una seria discussione. Il mondo del dopo Guerra Fredda non rimarrà a lungo un posto relativamente pacifico se continueremo ad ignorare i problemi relativi alla politica estera e alla difesa. Ma una seria attenzione, una riflessione attenta, e la disponibilità a destinare le risorse adeguate per conservare la potenza militare Americana potranno rendere il mondo più sicuro e gli interessi strategici Americani più protetti sia oggi sia in futuro.


PRINCIPALI RISULTATI

Questo rapporto deriva dalla convinzione che l’America dovrebbe cercare di preservare ed estendere la sua posizione di leadership globale attraverso il mantenimento della superiorità delle forze militari degli US. Oggi, gli Stati Uniti hanno un’opportunità strategica senza precedenti. Non hanno davanti a sé nessuna grande potenza che li possa sfidare; hanno al loro fianco alleati ricchi e potenti in ogni parte del mondo; sono nel pieno del più lungo ciclo di espansione economica che la storia ricordi; e i loro principi economici e politici sono condivisi quasi universalmente. Mai come oggi l’ordine della sicurezza internazionale è stato così proteso verso gli interessi e gli ideali Americani.

venerdì 24 ottobre 2014

Ricerca del sapere ...

Mi trovo spesso a ricercare la sapienza antica, quel verbo andato perduto. Ricercare e ove possibile ripercorrere quei passi percorsi da altri...per allungare e rilanciare un'esplorazione della conoscenza.
Percorsi e modi che percorrono distanze in infinite direzioni, sempre diverse nel luogo ma tanto simili nel mezzo.
Oggi mi domando il perchè si continui a ricercare il perduto. Dove conducono i nostri passi? Perchè perdiamo il sapere, tanto da doverlo ricercare continuamente?
Dove è la nostra arroganza?
Perchè non riusciamo ad imparare dai nostri pregressi errori?
In un perpetuo involvere, ci dimentichiamo della memoria, progettando sistemi sempre più sofisticati che ricordano per noi.
Ci portiamo in tasca il nostro sapere, lasciando ad altri il compito di catalogare le nostre esperienze.
Mi domando spesso a quale fermata scenderà il nostro divenire consapevole.
Sino a quando saremo padroni del nostro destino.....lo siamo davvero?

martedì 21 ottobre 2014

Vivere il Morire....



Elisabeth Kübler Ross (Zurigo, 8 luglio 1926 – Scottsdale, 24 agosto 2004) è stata un medico, psichiatra e docente di medicina comportamentale svizzera. Viene considerata la fondatrice della psicotanatologia, ed uno dei più noti esponenti dei death studies. Dopo gli studi in Svizzera, nel 1958 si è trasferita negli USA dove ha lavorato per molti anni in un ospedale di New York. Dalle sue esperienze con i malati terminali ha tratto il libro Sulla morte e sul morire pubblicato nel 1969, che ha fatto di lei una vera autorità sull’argomento. Celebre la sua definizione dei cinque stadi di reazione alla prognosi mortale: diniego, rabbia, negoziazione, depressione, accettazione. Chiave del suo lavoro è la ricerca del modo corretto di affrontare la sofferenza psichica, oltre che quella fisica.
Usava anche praticare la tecnica dell’”uscita fuori da corpo” OBE, che aveva appreso da Robert A. Monroe. Negli anni 70 ha tenuto numerosi seminari e conferenze.


1.1 LE CINQUE FASI DELLA KUBLER-ROSS
Il modello a cinque fasi della Kübler-Ross (1970) rappresenta uno strumento che permette di capire le dinamiche psicologiche più frequenti della persona a cui è stata diagnosticata una malattia grave. Da sottolineare che si tratta di un modello a fasi, e non a stadi, per cui le fasi possono anche alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa intensità, e senza un preciso ordine, dato che le emozioni non seguono regole particolari, ma anzi come si manifestano, così svaniscono, magari miste e sovrapposte. Anche se la maggior parte delle persone sembra vivere le fasi secondo l’ordine in cui vengono descritte, non si tratta di un percorso “evolutivo a stadi”, per cui le fasi possono manifestarsi in qualsiasi ordine e ripresentarsi successivamente, ma anche presentarsi sovrapposte.


1.1.1 Fase della Negazione o del rifiuto: “Ma è sicuro, dottore, che le analisi sono fatte bene?” “Non è possibile, si sbaglia!” “Non ci posso credere”, sono le parole più frequenti di fronte alla diagnosi di una patologia organica grave; questa fase è caratterizzata dal fatto che il paziente rifiuta la verità e ritiene impossibile di avere proprio quella malattia. Molto probabilmente il processo di negazione del proprio stato può essere funzionale al malato per proteggerlo da un’eccessiva ansia per la propria morte e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi. È una difesa, che però diventa sempre più debole, con il progredire della malattia, qualora non s’irrigidisca e non raggiunga livelli patologici di disagio psichico.


1.1.2 Fase della rabbia: dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni, investendo i familiari, il personale ospedaliero, Dio. La frase più frequente è “perché proprio a me?”. È una fase molto delicata dell’iter psicologico e relazionale del paziente. Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.
1.1.3 Fase del patteggiamento: in questa fase la persona inizia a verificare cosa è in grado di fare, ed in quale progetti può investire la speranza, iniziando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazione del paziente, sia con le figure religiose. “se prendo le medicine, crede che potrò vivere fino a…”, “se
guarisco, farò…”. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita, e cerca di riparare il riparabile.


1.1.4 Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza aumenta. Questa fase viene distinta in due tipi di depressione: una reattiva ed una preparatoria. La depressione reattiva è conseguente alla presa di coscienza di quanti aspetti della propria identità, della propria immagine corporea, del proprio potere decisionale e delle proprie relazioni sociali, sono andati persi. La depressione preparatoria ha un aspetto anticipatorio rispetto alle perdite che si stanno per subire. In questa fase della malattia la persona non può più negare la sua condizione di salute, e inizia a prendere coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta. Quanto maggiore è la sensazione dell’imminenza della morte, tanto più probabile è che la persona viva fasi di depressione.


1.1.5 Fase dell’accettazione: quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata. In questa fase il paziente tende ad essere silenzioso ed a raccogliersi, inoltre sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto. È il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente. È il momento del “testamento” e della sistemazione di quanto può essere sistemato, in cui si prende cura dei propri “oggetti” (sia in senso pratico, che in senso psicoanalitico). La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale della malattia o con la fase pre-morte, momenti in cui i pazienti possono comunque sperimentare diniego, ribellione o depressione..

mercoledì 8 ottobre 2014

Realtà....

Si concepisce il reale concreto, facendolo nostro.
Lo viviamo con assoluta certezza, nel convincimento perpetuato dal quotidiano.
Veniamo fatti da rabbia, costruiti dal dolore e dalle infinite solitudini che finiamo con il desiderare, persi come siamo nel disprezzo dei nostri consimili.
Ladri della nostra stessa aria.
Eppure ci uniformiamo, per poter transitare sulle autostrade del nostro stesso decadimento, ricordandoci in lampi di lucidità di quale sia il nostro ruolo nell'ordine naturale delle cose.
Il dolore pare esser la nostra migliore ancora alla vita.
Dove la gioia, purtroppo assume oramai, il preludio alla privazione.
Avidi di gioia, dimentichiamo il dovere sociale, le aspettative del prossimo, arroccati al sano egoismo auto celebrativo del piacere.
Infinite realtà, tante quanti gli esseri viventi, permangono nei flussi spazio temporali, inanellati in una paternogenesi. realtà create dalla stessa esistenza.
In intrecci infiniti quanto il divenire nell'infinito probabile.
Esistenze gettate al caso.
Unico e imperatore del nostro umano divenire.

lunedì 6 ottobre 2014

Siamo solo ombre nel tempo e raggi di luce

Per un raggio di luce...
Per alcuni, il nostro esser vissuto non è altro che un fagotto gettato via nel tempo.
Per qualcun altro, nei folli intrecci della vita, potremmo significare una fondamentale lezione per l'esistenza.
Insostituibile evento, la cui preponderante ed assoluta essenzialità ne diviene radicale perno per porre una svolta.
A volte neppure considerata, nell'ottusità di un pensiero troppo radicato nella certezza, altrimenti volto ad un sano e costruttivo dubbio.
Pongo il mio sguardo al dolore di altri, e lo faccio mio, per quanto presuntuosamente possibile, e nell'inutilità del mio gesto, vedo l'espiazione di colpe  non comprese da altri.
O più probabilmente, responsabilità inespresse, che giustificano una condotta di esistenza troppo miserabile per esser accettata.
Volgo il mio sguardo alla mia stessa umanità, e vedo il fiume di questo umano divenire inutile in un percorso dettato alla rovina.
Come lemmings votati all'autodistruzione, indotta dallo stesso fine.
Disaccorarsi divine un dovere necessario, e con queste, altre infinite parole si perdono nel tempo di questo spazio impossibile, alimentato da elettroni.
Augurio per genti non ancora nate, e magari gettate nel tempo.
Dove la forza di rinascere possa esser esempio per chi ha tutto e non apprezza nulla.

mercoledì 10 settembre 2014

Vivere la giovinezza....

Giovane che ti affacci ala disfatta delle tue membra,
goditi il tuo tempo, pienamente, senza tregua.
Stacca il tuo sguardo dal metallo e dal vetro e ponilo negli orizzonti che mai ti appariranno eguali.
Si fermo nel tuo divenire, ed abbandona le tue convinzioni, perchè presto diverranno altre, partorite da esperienze che neppure potrai immaginare.
Godi tutta la tua vita,
perchè dal piacere della vita potrai gioire pienamente il tuo viaggio.
Si tollerante, nella comprensione degli altri, perchè molti non sanno, oppure non comprendono.
Sii giovane, ma ricordati che non lo sarai per molto.
Ed ben presto anche tu scriverai del tuo passato...

domenica 7 settembre 2014

sabato 30 agosto 2014

Caduta Libera

http://wayshower.typepad.com/.a/6a0120a68523f8970b014e5f29f53f970c-pi
Liberamente cadiamo, perduti nell'oblio delle nostre finte decisioni.
In un divenire inutile, come le esistenze vuote che conduciamo.
Persi nei ritmi del  non senso.
Salutiamo il sole al mattino, e subito dopo corriamo a trovare il miglior parcheggio, per la nostra amata e pulitissima bara di metallo.
Perdiamo il nostro tempo.
Inconsapevolmente immaturi del sentiero da intraprendere.
Creature sconvolte dalla nostra stessa mente.
Sorridiamo come idioti al nostro corporeo disfacimento, senza alcun nutrimento
senza alcun desiderio, siamo macchine
perdute
alla ricerca di un senso, che spesso non trova altra risposta che nei propri profondi egoismi.

domenica 24 agosto 2014

venerdì 22 agosto 2014

L'ANALISI DI LUCA CAMPOLONGO / IN ITALIA TUTTO VA SECONDO LE PREVISIONI (DI ARTHUR LAFFER): GETTITO FISCALE SCHIANTATO. - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it

Ora io non mi sento ne politicizzato, ne tanto meno un economista, ma essendo un professionista, la pressione dell'oltre 70% la sento tutta...ma proprio tutta! Tanto da domandarmi che senso abbia lavorare...nel mio paese si intende.
Così ho pensato che pubblicando questo articolo (politicizzato) potessi essere di aiuto a chi ne avesse la volontà di comprendere quel minimo di economia elementare utile alla sopravvivenza, in particolare dare un'informazione che possa essere sommata alla disinformazione che troppo spesso serpeggia da mass media e faccendieri compiacenti, e poter così sviluppare un pensiero autonomo di comprensione, e poter nel caso si rpesentii l'occasione optare per la scelta più appropriata al caso.


L'ANALISI DI LUCA CAMPOLONGO / IN ITALIA TUTTO VA SECONDO LE PREVISIONI (DI ARTHUR LAFFER): GETTITO FISCALE SCHIANTATO. - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it

L'ANALISI DI LUCA CAMPOLONGO / IN ITALIA TUTTO VA SECONDO LE PREVISIONI (DI ARTHUR LAFFER): GETTITO FISCALE SCHIANTATO.

mercoledì 20 agosto 2014
Se Arthur Laffer avesse avuto modo di leggere i dati sulle entrate fiscali in Italia nel  primo semestre 2014 avrebbe sicuramente fatto fatica a trattenere un sorriso di soddisfazione: il crollo degli incassi rispetto all’anno prima nonostante la vagonata di tasse aggiunte dai governi Letta e Renzi sono l’ennesima conferma della validità dei suoi studi e della “curva” che prende il nome da lui.
In cosa consiste la “curva di Laffer”?  Essa mette in correlazione la pressione fiscale con le relative entrate. Esistono due punti in cui le entrate fiscali saranno a 0: quando le tasse non ci sono e quando esse prelevano il 100% del reddito dei cittadini. Nel primo caso,ovviamente, nessuno pagherà tasse perché non ci sono; nel secondo nessuno le pagherà perché non avrà convenienza a generare reddito poiché gli sarà espropriato integralmente.
All’interno di questi due punti, il gettito si muove in maniera differente a seconda della pressione fiscale esercitata sui contribuenti. Prima dei suoi studi, la maggior parte degli economisti era convinta che il punto di non ritorno, ovvero la percentuale di tasse oltre la quale un cittadino preferisce smettere di lavorare o prova ad evadere il fisco, fosse del 70%. Laffer, invece, ha spostato drasticamente indietro l’asticella, assestandola mediamente al 30%. A differenza di molti suoi colleghi universitari, Laffer ha basato le sue risultanze su dati empirici e non su teorie affascinanti, ma funzionanti esclusivamente sui grandi computer delle università.
Qual è attualmente la situazione in Italia? Secondo il sito www.scenarieconomici.it, la PRESSIONE FISCALE  E CONTRIBUTIVA REALE per un artigiano è del 66%, che sale al 69% per un commerciante ed addirittura al 72% per un professionista! Ci rendiamo conto che siamo a livelli da esproprio sovietico? Per quale motivo una persona sana di mente dovrebbe lavorare, lottare contro una burocrazia idiota,  migliaia di leggi fatte apposta per metterla in difficoltà, per poi tenersi solamente 28 euro su 100 a fine mese? E’ di tutta evidenza che chi ne ha la possibilità, appende il martello al chiodo, oppure riduce gli investimenti e cerca di fare il minimo indispensabile per poter vivere, qualora non sfoci in comportamenti illegali a tutela del proprio reddito.
Da Monti, passando per Letta e Renzi, (i tre premier non eletti voluti dall’inquilino del Quirinale), è stata una mitragliata di tasse incessante che ha depresso oltre ogni ragionevole buon senso la voglia di fare impresa in Italia.
A chi dice che se si abbassano le tasse sarebbe peggio, a chi dice che è tutta colpa dell’evasione se oggi la pressione fiscale è così elevata, noi rigiriamo il discoro: è colpa della pressione fiscale se l’evasione è così alta.
Non ci credete? Bene, vediamo un esempio di riforma fiscale radicale che ha tenuto ben conto della curva di Laffer: in Russia, il presidente Vladimir Putin ha introdotto una Flat Tax al 13% (sì, avete letto bene, 13% non 76%!) e, come testimoniato da uno studio del FMI condotto da Anna Ivanova, Michael Keen e Alexander Klemm, il gettito fiscale è cresciuto del 46%. Risultato sorprendente? No, se vogliamo si tratta del buon senso tipico della massaia nostrana (che ne ha sicuramente più di qualche professorone bocconiano): se devo pagare poche tasse, che senso ha rischiare multe o, peggio, la galera per evadere? Del pari, se ho un’aliquota fissa, sarò incentivato a lavorare di più perché avrò più soldi da spendere per il mio appagamento. Ragionamento esattamente opposto che viene fatto in presenza di un sistema fiscale progressivo come quello italiano, dove all’aumentare del reddito, aumenta la percentuale di tasse che lo stato pretende, per cui in certi casi conviene guadagnare di meno!
Qual è il difetto della curva di Laffer? Quella della semplicità: difatti la maggior parte degli accademici ritiene sia talmente semplice da spiegare che la capirebbe anche un bambino. Capite il paradosso? La semplicità del buon senso viene svillaneggiata da accademici che adorano perdersi in equazioni sempre più complicate per appagare il proprio ego personale e che, quando la realtà si prende la briga di sbugiardarli, non trovano niente di meglio che accusare la realtà medesima di non essersi adeguata alla loro teoria.
Piccola postilla finale: con il PIL in recessione, a differenza delle stime previste dall’inquilino non eletto di Palazzo Chigi e dal suo degno sodale Padoan, tutte le previsioni sul rispetto dei parametri ue sono andate beatamente a farsi benedire e mancano all’appello diversi miliardi di euro (per non parlare del prossimo anno, quando entrerà in vigore il fiscal compact): come pensa di recuperarli la premiata ditta Renzi-Padoan? Bussando casa per casa per farsi consegnare il portafoglio dai cittadini, o provando a seguire il buon senso e quindi tagliando drasticamente le tasse, magari con un’aliquota unica compresa  tra il 12 ed il 20%? Noi, purtroppo, temiamo di conoscere già la risposta, e non è quella che serve all’Italia.
Luca Campolongo
www.sosimprese.info
consulenza@sosimprese.info

venerdì 15 agosto 2014

Un pochino di storia...da valutare



Ali A. Rizvi Headshot


7 cose da considerare prima di schierarsi nel conflitto israelo-palestinese

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GAZA










 Sei filo-israeliano o filo-palestinese? Sono stato accusato di essere entrambe le cose. Questi termini mi affascinano perché si riferiscono direttamente alla natura ostinatamente tribale del conflitto israelo-palestinese. Non ci si riferisce universalmente in questa maniera a molti altri paesi. Perché questi due? Sia gli Israeliani che i Palestinesi sono complessi, con storie e culture diverse, e due religioni incredibilmente simili (anche se controverse). Schierarsi totalmente da una parte piuttosto che da un'altra non mi sembra sia del tutto razionale.
Si dice che la maggior parte dei musulmani nel mondo supportano i Palestinesi, mentre la maggior parte degli Ebrei supporta Israele. Questo è naturale - ma è anche problematico. Significa che non c'è qualcuno che ha torto o che ha ragione quanto piuttosto una tribù o nazione alla quale essere fedele. Significa che quelli che supportano i Palestinesi sarebbero supporter altrettanto ardenti di Israele se fossero nati a Israele o da famiglie ebree, e vice versa. Significa che i principi guida per la maggior parte delle persone su questo conflitto sono in gran parte dati dalla nascita - e che in qualunque modo noi intellettualizziamo ed analizziamo i componenti della faccenda mediorientale, quella rimarrà fondamentalmente un conflitto tribale.
Per definizione, i conflitti tribali prosperano e sopravvivono quando le persone si schierano. Scegliere una parte in questo genere di conflitti alimenta e aggrava la polarizzazione. E peggio di tutto, ci si sporca le mani. Quindi prima di scegliere da che parte stare nell'ultimo conflitto israelo-palestinese, considerate queste 7 domande:
1. Perché tutto diventa più difficile quando c'entrano gli Ebrei?
Più di 1000 persone sono morte a Gaza. Le polemiche dei musulmani si sono sollevate in tutto il mondo. Ma è davvero a causa dei numeri? Bashar al-Assad ha ucciso più di 180mila Siriani, principalmente musulmani, in due anni - più del numero degli uccisi in Palestina in due decadi. Migliaia di musulmani in Iraq e in Siria sono stati uccisi dall'ISIS negli ultimi due mesi. Decine di migliaia sono stati uccisi dai Talebani. Mezzo milione di musulmani di colore sono stati uccisi dai Musulmani Arabi in Sudan. La lista va avanti.
Ma è Gaza a fare parlare i Musulmani in tutto il mondo, sia sunniti che shiiti, in maniera diversa da tutte le altre. Il conteggio giornaliero dei morti e le orribili fotografie dei cadaveri di bambini a Gaza scorrono sui social tutti i giorni, senza fine. Se fosse solo una questione di numeri, non si darebbe la precedenza ad altri numeri? Qual è il punto allora? Se io fossi Assad o l'ISIS, penserei "Grazie a Dio non sono ebreo".
Sorprendentemente, molte delle immagini di bambini morti attribuite ai bombardamenti israeliani che circolano online vengono in realtà dalla Siria, come evidenziato da un report della BBC. Molte di quelle foto che vedete sono di bambini uccisi da Assad, supportato dall'Iran, che sostiene anche Hezbollah e Hamas. Cosa può esserci di peggio che attribuire ai tuoi nemici delle foto di innocenti bambini morti uccisi in realtà dai tuoi stessi alleati, semplicemente perché non eri abbastanza attento quando "i tuoi" stavano uccidendo "i tuoi"? Questo non scusa in alcun modo l'avventatezza, la negligenza, e talvolta la totale crudeltà delle forze israeliane. Ma sottolinea chiaramente la probabilità che l'opposizione del mondo musulmano a Israele non sia solo una questione di numeri.
Ecco una domanda per quelli che sono cresciuti in Medio Oriente e in altri paesi a maggioranza musulmana, come me: se Israele si allontanasse dai territori occupati domani, tutto d'un colpo - e tornasse ai confini del 1967 - e desse ai Palestinesi la parte est di Gerusalemme - pensate onestamente che Hamas non troverebbe qualcos'altro a cui aggrapparsi? Pensate onestamente che non abbia nulla a che vedere con il fatto che sono Ebrei? Vi ricordate quel che guardavate e sentivate sulla tv pubblica crescendo in Palestina, Arabia Saudita, Egitto? Sì, c'è un'occupazione ingiusta e illegale laggiù, e sì, c'è un disastro umanitario. Ma è anche vero che una buona parte è motivata dall'anti-semitismo. Chiunque abbia vissuto nel mondo arabo/musulmano per più di qualche anno lo sa. Non c'è sempre una colpa chiara, di uno o dell'altro, in queste situazioni, come vogliono fare credere i vostri Chomsky e Greenwald. È di entrambe le parti.
2. Perché tutti continuano a dire che non si tratta di un conflitto religioso?
Ci sono tre miti pervasivi che circolano ampiamente sulle radici del conflitto mediorientale:
Mito #1: il Giudaismo non ha nulla a che fare con il Sionismo.
Mito #2: l'Islam non ha nulla a che fare con il jihadismo o con l'anti-semitismo.
Mito #3: questo conflitto non ha nulla a che fare con la religione.
Alla folla del "io mi oppongo al Sionismo, non al Giudaismo!", chiedo: è una mera coincidenza che questo passaggio dal Vecchio Testamento (enfasi aggiunta) descriva così accuratamente quel che sta succedendo oggi?
"Stabilirò i vostri confini dal Mar Rosso al Mar Mediterraneo, e dal deserto al fiume Eufrate. Vi darò in mano il popolo che vive in quel territorio, e lo caccerete fuori. Non fate patti con loro o con i loro dei." - Exodus 23:31-32
O quest'altro:
"Vedete, vi ho dato questa terra. Andate e prendete possesso della terra che Dio promise che avrebbe dato ai vostri padri - ad Abramo, Isacco e Giacobbe - e ai loro discendenti dopo di loro". - Deuteronomio 1:8
E ancora: Genesi 15:18-21, e il Numero 34 per ulteriori dettagli sui confini. Il sionismo non è la politicizzazione o la distorsione del Giudaismo. È la sua rinascita.
E a quelli che dicono "Non si tratta dell'Islam, si tratta di politica!", questo verso del Corano è senza significato?
"Oh voi che avete creduto, non considerate gli Ebrei e i Cristiani come vostri alleati. In realtà sono alleati l'uno dell'altro. E chiunque tra voi sia loro alleato - allora è uno di loro. Ma Allah non guida le persone che sbagliano." - Corano, 5:51
Cosa dire dei numerosi versi e hadith citati nella carte di Hamas? E il famoso hadith dell'albero di Gharqad, che ordina esplicitamente ai Musulmani di uccidere gli Ebrei?
Per favore ditemi - alla luce di questi passaggi scritti secoli e millenni prima della creazione di Israele o dell'occupazione - come si può non pensare che c'è la religione alla base di tutto questo, o che almeno è un fattore determinante nel conflitto? Potrete anche roteare gli occhi davanti a questi versi, ma sono stati presi molto seriamente da molti di quelli attivi nel conflitto, da entrambe le parti. Non dovrebbero essere riconosciuti? Quand'è l'ultima volta che avete sentito un'argomentazione buona, razionale e laica che supportasse l'espansione dell'insediamento nella Striscia di Gaza? Rinnegare il ruolo della religione sembra essere un modo di poter criticare le politiche rimanendo apologeticamente rispettosi delle credenze dei popoli per paura di offenderli. Ma quest'apologia e questo rispetto per delle idee disumane valgono la morte di migliaia di esseri umani?
Le persone hanno tutti i tipi di credenze - dall'insistere che la Terra è piatta al rinnegare l'Olocausto. Potete anche rispettare il loro diritto di mantenere queste credenze, ma non siete obbligati a rispettare le credenze in se stesse. È il 2014, e le religioni non devono essere rispettate più di qualsiasi altra idea politica o pensiero filosofico. Gli esseri umani hanno dei diritti. Le idee, no. La spesso citata dicotomia politica e religiosa nelle fedi semitiche è falsa e fuorviante. Tutte le religioni semitiche sono inerentemente politiche.
3. Perché Israele dovrebbe volere deliberatamente uccidere dei civili?
Questa è la questione che innervosisce tutti, e giustamente. Ancora, non c'è giustificazione per l'uccisione degli innocenti a Gaza. E non ci sono scuse per la negligenza di Israele in incidenti come l'uccisione dei quattro bambini sulla spiaggia di Gaza. Ma torniamo indietro e pensiamoci su qualche minuto. Perché mai Israele dovrebbe volere deliberatamente uccidere dei civili? Quando muoiono dei civili, Israele appare come un mostro. Richiama le ire persino dei suoi più stretti alleati. Immagini orribili di innocenti feriti o morti riempono i media. Proteste crescenti anti-Israele vengono organizzate dappertutto dalla Norvegia a New York. E il numero relativamente basso di vittime a Israele (ci arriveremo in un attimo) richiama ripetutamente accuse perché "sproporzionate". Più importante ancora, le morti di civili aiutano Hamas immensamente.
Come potrebbe mai essere nell'interesse di Israele? Se Israele voleva uccidere i civili, è pessimo nel farlo. L'ISIS ha ucciso più civili in due giorni (700 in più) di Israele in due settimane. Immaginate cosa succederebbe se l'ISIS o Hamas avessero le armi, l'esercito, l'aviazione, il supporto statunitense e l'arsenale nucleare di Israele. I loro nemici sarebbero stati annichiliti molto tempo fa. Se Israele volesse veramente distruggere Gaza, potrebbe farlo in un giorno, dall'alto. Perché allora portare avanti un'incursione da terra più dolorosa e costosa, rischiando la vita dei suoi soldati?
4. Davvero Hamas usa i suoi stessi civili come scudi umani?
Chiedete al presidente palestinese Mahmoud Abbas cosa ne pensa delle tattiche di Hamas. "Cosa stai cercando di ottenere lanciando missili?" chiede, "Non mi piace commerciare il sangue palestinese". Non è solo una speculazione ormai dire che Hamas mette i suoi cittadini in prima linea. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha ammesso esplicitamente alla tv nazionale di Gaza che la strategia degli scudi umani si è rivelata "molto efficace". L'UNRWA, l'organizzazione ONU di soccorso, ha fortemente condannato Hamas dopo avere scoperto dei razzi nascosti non in una, ma in due scuole infantili a Gaza.
Hamas lancia migliaia di razzi contro Israele, raramente uccidendo dei civili o causando dei seri danni. Li lancia da aree densamente popolare, inclusi ospedali e scuole. Perché lanciare dei missili senza creare alcun vero danno all'altra parte, richiamando grandi danni al tuo stesso popolo, e poi mettendo i civili in prima linea quando arriva il contrattacco? Anche quando l'IDF avverte i civili di evacuare le loro case prima di un attacco, perché Hamas gli dice di rimanere fermi?
Perché Hamas sa che la sua causa è aiutata solo quando gli abitanti di Gaza muoiono. Se c'è una cosa che aiuta Hamas - una cosa che gli dà qualsiasi legittimità - sono i civili morti. Razzi nelle scuole. Hamas sfrutta la morte dei suoi bambini per guadagnarsi il supporto del mondo. Li usa come un'arma. Non deve piacervi quel che sta facendo Israele per sconfiggere Hamas. Verosimilmente, Israele e Fatah sono moralmente equivalenti. Entrambi hanno della ragione dalla loro parte. Hamas, da parte sua, non ne ha neanche un briciolo.
5. Perché le persone chiedono ad Israele di interrompere l'occupazione di Gaza?
Perché hanno una memoria breve. Nel 2005, Israele aveva interrotto l'occupazione di Gaza. Ha portato fuori fino all'ultimo soldato israeliano, ha smantellato ogni singolo insediamento. Molti coloni israeliani che rifiutarono di andarsene sono stati portati via di forza dalle loro case, urlanti. Quella fu una mossa unilaterale da parte di Israele, parte di un piano di disimpegno che intendeva ridurre le frizioni tra Israeliani e Palestinesi. Non fu perfetta - Israele continuò a controllare i confini, la costa e lo spazio aereo di Gaza - ma considerando la storia della regione, fu un primo passo alquanto significativo. Dopo l'evacuazione, Israele aprì le frontiere ai confini per facilitare il commercio. Ai Palestinesi furono anche date 3000 serre che già da anni producevano frutta e fiori da esportare negli anni successivi. Ma Hamas scelse di non investire nella scuola, nel commercio o nelle infrastrutture. Al contrario, costruì una rete estesa di tunnel per ospitare migliaia di migliaia di razzi e di armi, inclusi alcuni più nuovi e sofisticati provenienti dall'Iran e dalla Siria. Tutte le serre furono distrutte.
Hamas non costruì alcun rifugio anti-bomba per il suo popolo. Anzi, ne costruì alcuni per i suoi leader per nascondersi durante gli attacchi aerei. Ai civili non fu dato accesso a quei rifugi per esattamente la stessa ragione per cui Hamas ordina loro di stare a casa quando stanno per arrivare le bombe. A Gaza fu data una grande opportunità nel 2005, che Hamas ha sprecato trasformandola in un magazzino di armi anti-Israele invece di uno stato palestinese florido che, con il tempo, avrebbe potuto diventare un modello per il futuro di tutta la Striscia di Gaza. Se Fatah aveva bisogno di un'altra ragione per aborrire Hamas, eccolo servito.
6. Perché ci sono così tante più perdite a Gaza che a Israele?
Il motivo per cui muoiono meno civili israeliani è che li raggiungono meno razzi. È perché sono protetti meglio dal governo. Quando i razzi di Hamas si dirigono verso Israele, le sirene partono, si attiva l'Iron Dome, e i civili corrono verso i rifugi anti-bomba. Quando i missili israeliani si dirigono verso Gaza, Hamas dice ai civili di stare a casa e affrontarli. Mentre il governo israeliano dice ai civili di allontanarsi dai razzi lanciati verso di loro, il governo di Gaza impone ai civili di mettersi davanti a quelli lanciati contro le loro case.
La spiegazione popolare è che Hamas è povero e non ha le risorse per proteggere il suo popolo come fa Israele. La vera ragione, però, sembra avere più a che fare con le sue priorità distorte che con le risorse mancanti (vedi #5). Ha tutto a che vedere con la volontà, non con la possibilità. Tutti quei razzi, missili, e tunnel non sono economici da costruire o acquistare. Ma sono priorità. E non è che i Palestinesi non hanno dei vicini di casa ricchi di petrolio che possano aiutarli nel modo in cui gli Usa aiutano Israele. Il problema è che se le vittime civili a Gaza diminuiscono, Hamas perde l'unica arma che ha nella sua guerra di relazioni pubbliche incredibilmente efficace. È nell'interesse nazionale di Israele proteggere i suoi civili e minimizzare le morti della gente di Gaza. È nell'interesse di Hamas fare esattamente l'opposto su entrambi i fronti.
7. Ma se Hamas è così cattivo, perché in questo conflitto non sono tutti filo-israeliani?
Perché i difetti di Israele, anche se minori in numero, sono di entità maggiore. Molti Israeliani sembrano avere la stessa mentalità tribale della loro controparte palestinese. Celebrano il bombardamento di Gaza allo stesso modo in cui molti Arabi celebrarono l'11 settembre. Un report ONU recentemente ha scoperto che le forze israeliane torturavano dei bambini palestinesi e li usavano come scudi umani. Picchiano gli adolescenti. Sono spesso incoscienti nei loro attacchi aerei. Hanno degli accademici che spiegano come lo stupro possa essere l'unica vera arma efficace contro il loro nemico. E molti di loro festeggia spietatamente e pubblicamente la morte di innocenti bambini palestinesi.
Per essere giusti, quel genere di cose accade da entrambe le parti. Sono le inevitabili conseguenze di diverse generazioni cresciute per odiarsi nel corso di più di 65 anni. Tenere Israele su uno standard più alto significherebbe guardare ai Palestinesi con il razzismo di aspettative abbassate. Tuttavia, se Israele si innalza a uno standard più alto come dice - bisogna allora fare molto di più per dimostrare che non è ai bassi livelli dei suoi vicini. Israele si sta via via auto-conducendo verso un crescente isolamento e verso un suicidio nazionale per due motivi:
1. L'occupazione;
2. L'espansione dell'insediamento.
L'espansione dell'insediamento è semplicemente incomprensibile. Nessuno capisce veramente il suo scopo. Virtualmente ogni amministrazione statunitense - da Nixon a Bush a Obama - si è inequivocabilmente espressa in maniera contraria. Non c'è giustificazione se non nella Bibbia (vedi #2) il che rende un po' più difficile ancora considerare laiche le motivazioni di Israele.
L'occupazione è più complicata. Da vecchio, Christopher Hitchens aveva ragione quando diceva, riguardo all'occupazione israeliana del suolo palestinese:
"Se Israele vuole entrare a far parte dell'alleanza contro quello che possiamo chiamare barbarie religiose, teocratiche, aggressioni teocratiche termonucleari o nucleari teocratiche, non può, dovrà prima interrompere l'occupazione. È evidente.
Potete farne una questione di stile europeo, da stato occidentale, ma Israele non può governare altri popoli contro la loro volontà. Non può continuare a rubare la loro terra nel modo in cui fa ogni giorno. Ed è incredibilmente irresponsabile da parte degli Israeliani, conoscendo la posizione degli Stati Uniti e dei suoi alleati nel mondo, continuare a credere fermamente in questa posizione incosciente. E temo di sapere troppo sulla storia del conflitto per pensare a Israele come una piccola isoletta circondata da un mare di lupi affamati. Voglio dire, ne so abbastanza di come è stato fondato quello stato, e della quantità di violenza ed espropriazioni che sono state necessarie. E sono prigioniero di quella consapevolezza. Non posso smettere di saperlo".
Come si è visto con Gaza nel 2005, è più semplice parlare del ritiro unilaterale che metterlo effettivamente in pratica. Ma se Israele non si impegna di più per la soluzione di un doppio stato (forse un triplo stato, causa Hamas), allora dovrà fare la brutta scelta tra l'essere uno stato a maggioranza ebrea o una democrazia. È ancora troppo presto per chiamare Israele "uno stato apartheid", ma quando John Kerry ha detto che Israele sarebbe potuto finire così nel futuro, non ci aveva visto del tutto male. È semplice matematica. C'è un numero limitato di modi in cui uno stato ebraico bi-nazionale con una popolazione a maggioranza non ebrea può mantenere un'identità ebrea. E nessuno di quei modi è felice.
Facciamocene una ragione, quella terra appartiene ad entrambi ormai. Israele è stato creato in Palestina per gli Ebrei dagli Inglesi negli anni '40 proprio come la mia patria, il Pakistan, è stata creata in India per i Musulmani all'incirca nello stesso periodo. Il processo è stato doloroso, ed ha portato allo sfollamento di milioni di persone in entrambi i casi. Ma sono passati quasi 70 anni. Ora ci sono almeno due o tre generazioni di Israeliani che sono nate e cresciute in quel paese, per le quali è veramente una casa, e che spesso sono ritenute responsabili e fatte pagare per delle atrocità per le quali non hanno alcuna responsabilità. Sono programmate per opporsi "all'altro" proprio come i bambini palestinesi. In fondo, questo è un conflitto religioso tribale che non sarà mai risolto finché le persone non smetteranno di schierarsi da una delle due parti.
Quindi, in realtà, non dovete scegliere tra essere filo-israeliani e filo-palestinesi. Se state dalla parte della laicità, della democrazia e della soluzione con due stati - e se siete contro Hamas, contro l'espansione degli insediamenti e contro l'occupazione - potete essere entrambe le cose. Se continueranno a chiedervi di scegliere da che parte stare dopo tutto questo, ditegli che state dalla parte dell'hummus.